Boom di dimissioni, in sei mesi lasciano 1.080.000 lavoratori: +31%

Boom di dimissioni, in sei mesi lasciano 1.080.000 lavoratori: +31%

di Valeria Arnaldi

Mutare le priorità. Riorganizzare l’agenda. O forse, confidando nella saggezza popolare, chiudere una porta, sperando che poi si apra un portone. Pare essere “ripensarsi” la parola chiave per molti italiani in questo periodo. Non una questione di teoria, ma di numeri. Il fenomeno delle “grandi dimissioni” è arrivato anche in Italia, a giudicare dai dati pubblicati dall’Inps.

LE DIMISSIONI. È pari a un oltre un milione - 1.080.245 - il numero di lettere di rinuncia del posto di lavoro, nel primo semestre 2022, con un aumento del 31,7% rispetto allo stesso periodo del 2021. E se si guarda soltanto alle dimissioni da contratto a tempo indeterminato, il dato, pur inferiore, rimane sensibilmente alto: sono oltre 624mila le lettere, con un aumento del 22,18%. «Il livello raggiunto - sottolinea l’Inps a proposito delle dimissioni da contratti stabili - sottende il completo recupero delle dimissioni mancate del 2020, quando tutto il mercato del lavoro era stato investito dalla riduzione della mobilità connessa alle conseguenze dell’emergenza sanitaria».

LE RAGIONI. A causare la “svolta” nel mondo del lavoro e soprattutto nel modo di pensare - e nell’imperativo a ripensarsi, appunto - degli italiani, sarebbe stato proprio il Covid, con i cambiamenti che ha portato nella quotidianità. A farsi misura dell’effetto della pandemia sono i dati del 2019: in sei mesi, le dimissioni non raggiungevano le 800mila unità tra tutte le tipologie di contratto.

IL SOCIOLOGO. «La pandemia - spiega Nicola Ferrigni, sociologo Link Campus University - ha fatto emergere nuove priorità nella vita di ognuno.

Oggi al lavoro si antepongono altre cose. La piramide delle priorità delle persone si è invertita. A prevalere è la dimensione dello stare bene con se stessi. Stiamo assistendo a una rivoluzione, una vera ribellione al lavoro come assorbimento totale, occupazione h24, schiavitù, insomma all’idea che se ne aveva fino a qualche anno fa».

LE OPPORTUNITÀ. Alle nuove priorità si aggiungono le crescenti occasioni di un mercato del lavoro che, più vivace, fa ben sperare. Secondo l’Osservatorio Inps sul precariato, nel primo semestre di quest’anno, si è registrato poco meno di un milione di contratti in più. Più precisamente, le attivazioni di contratto sono state 4.269.179 a fronte di 3.322.373 cessazioni. Insomma, lo “choc” pandemico, sul lavoro, è stato riassorbito. Molti giovani, laureati e specializzati, hanno potuto scegliere di cambiare azienda, migliorando la propria posizione o la qualità della vita. Altri lo hanno fatto, lasciando stipendi eccessivamente bassi per un’inflazione che aumenta.

LICENZIAMENTI. Nei primi sei mesi sono aumentati anche i licenziamenti. Sono quasi raddoppiati, rispetto allo stesso periodo 2021, quando era in vigore il blocco dei licenziamenti.

E DOMANI? «La visione ormai è cambiata - dice Ferrigni - e non si tornerà più indietro. I giovani hanno un’idea lontana dai modelli del passato: non cercano un lavoro, lo creano».


Ultimo aggiornamento: Venerdì 16 Settembre 2022, 06:00
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