Danilo Coppola, confermata la condanna per bancarotta: «Punito perché non ho patteggiato»

Danilo Coppola, confermata la condanna per bancarotta: «Punito perché non ho patteggiato»
La Corte d'Appello di Milano ha confermato la condanna di sette anni, disposta in primo grado, per Danilo Coppola, l'immobiliarista romano tra i protagonisti all'epoca dell'indagine sui 'furbetti del quartierino'. L'accusa nei confronti di Coppola è la bancarotta del Gruppo Immobiliare 2004, di Mib Prima e di Porta Vittoria, la società titolare di un progetto di rilancio di un'area residenziale milanese, dichiarate fallite nel 2013, nel luglio 2015 e nell'aprile 2016.

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La seconda Corte d'Appello non ha accolto la richiesta del sostituto pg Celestina Gravina di assolvere Danilo Coppola dall'accusa di aver cagionato con dolo il dissesto e quindi di ridurre la condanna a 5 anni e 10 mesi. I giudici hanno quindi confermato la sentenza emessa dal Tribunale il 28 febbraio 2018 secondo la quale, oltre ai 7 anni per bancarotta e le pene accessorie di rito nei confronti dell'immobiliarista, ha disposto risarcimenti per danni patrimoniali e non patrimoniali alle società, parti civili nel processo, che lui stesso, per l'accusa, avrebbe portato al fallimento: oltre 153 milioni a Prelios sgr subentrata a Porta Vittoria spa a garanzia dei quali è stato mantenuto il sequestro di immobili già 'congelatì e una provvisionale di 50 milioni al Gruppo Immobiliare 2004. Entro 90 giorni saranno depositate le motivazioni della Corte che ha mantenuto pure inalterata la confisca dei titoli delle lussemburghesi Tikal Prima e Estrella 27, società riconducibili all'immobiliarista che fu tra i protagonisti dell'indagine su Antonveneta, ed è stato arrestato tre volte, l'ultima delle quali nel maggio di due anni fa.

Al centro del processo ci sono tre bancarotte, quella del Gruppo Immobiliare 2004 dichiarato fallito nel 2013 con un buco di circa mezzo miliardo, di cui 320 milioni di debiti con l'erario; quella di Mib Prima, fallita nel luglio 2015 e quella di Porta Vittoria, la società titolare di un progetto di rilancio di un'area residenziale milanese e fallita nell'aprile 2016, dalla quale, per i pm, Coppola avrebbe drenato parecchi milioni che sarebbero, poi, stati 'dirottaì nelle sue società in Lussemburgo.
L'avvocato Luca Ricci, difensore dell'immobiliarista, ha sempre sostenuto che l'intero patrimonio del suo assistito era stato messo a disposizione del Fisco (139 milioni) e per il 'rientrò dei debiti con Banco Popolare (600 milioni). Coppola e il suo legale dopo la lettura del dispositivo non hanno voluto rilasciare alcun commento. È scontato il ricorso in Cassazione. Intanto il prossimo 2 aprile prenderà il via davanti al gup Carlo Ottone De Marchi, l'udienza preliminare a carico dell'ex ad di Banco Popolare Pier Francesco Saviotti, accusato di concorso in bancarotta dai pm Mauro Clerici e Giordano Baggio titolari dell'indagine.


"PUNITO PER NON AVER PATTEGGIATO" «Sono sbigottito dalla sentenza emessa dalla Corte di Appello di Milano». Così Danilo Coppola ha commentato il verdetto di secondo grado che ha confermato per lui la condanna a 7 anni per le bancarotte del Gruppo Immobiliare 2004, di Mib Prima e di Porta Vittoria. «Mi era stata prospettata la possibilità di un accordo sulla pena a 4 anni con la Procura Generale e il presidente del collegio aveva manifestato disponibilità a concluderlo - ha spiegato -. Non ho accettato perché sono innocente e ho sempre creduto nella giustizia, per cui nonostante il consiglio del mio Avvocato, ho deciso di affrontare il processo e discutere la mia estraneità da tutte le ipotesi di reato, soprattutto dopo gli enormi sacrifici fatti per versare 140 milioni di Euro al Fisco, non dovuti ma pagati per eliminare qualsiasi tipo di problematica». «Non avendo accettato di patteggiare a quattro anni - ha concluso - probabilmente sono stato punito con questa condanna, ma nonostante tutto non voglio smettere di credere nel diritto e nella giustizia».
Ultimo aggiornamento: Lunedì 17 Febbraio 2020, 22:00
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