Crisanti sulla fase 2: «Servivano riaperture differenziate». Rezza replica: «Puntiamo a scoprire il sommerso»

Video
Da un lato il virologo consulente della Regione Veneto, dall'altro il direttore del Dipartimento malattie infettive dell'Istituto superiore di sanità. Non mancano le polemiche tra Andrea Crisanti e Giovanni Rezza, in vista della fase 2 dell'emergenza coronavirus.

Leggi anche > Coronavirus in Lombardia: 42 nuovi decessi e 526 nuovi casi. Milano la più colpita. Aumentano i ricoverati, calano le terapie intensive



Il dibattito ha avuto luogo durante l'ultima puntata di 'Mezz'ora in più' su RaiTre. Andrea Crisanti, il consulente che ha permesso a Luca Zaia di gestire in maniera efficace l'emergenza in Veneto, si è detto piuttosto scettico sulle misure adottate in vista della fase 2: «La macchina si è messa in moto senza una valutazione del rischio. Questo è il vero problema. C'è stata una apertura a tentoni. Il Piemonte e la Lombardia sono diverse dalla Calabria e dalla Sardegna. Mi preoccupa che il Governo non ha nessun elemento a priori per calcolare il rischio e se il motto è 'vediamo che succede', sono preoccupato che non ci siano strumenti per analizzare e abbassare questo rischio».

«Io avrei cercato di capire quanti sono i casi Regione per Regione, acendo emergere l'iceberg dei casi sommersi, ovvero le persone che non riescono ad avere una diagnosi e che rimangono a casa. Il rischio dipende da come sono distribuiti questi casi sul territorio» - ha aggiunto il direttore del laboratorio di microbiologia e virologia dell'Università-azienda ospedaliera di Padova - «Una riapertura differenziata per regioni ci avrebbe dato la possibilità di valutare la nostra capacità di reazione. Non sappiamo se siamo in grado di spegnere nuovi focolai, se non con il solito lockdown, il rischio dipende dal numero di casi e come sono distribuiti. Una riapertura totale come questa dà una senso di insicurezza, gli effetti li vedremo tra 2-3 settimane».

Ospite della trasmissione anche Giovanni Rezza, che ha replicato a stretto giro a Crisanti. Il direttore del Dipartimento malattie infettive dell'Istituto superiore di sanità ha spiegato la strategia che verrà messa in moto nella fase 2: «È vero che non conosciamo tutti i casi sommersi e che possiamo solo fare stime con modelli matematici Per questo però è stato pianificato uno studio di sieroprevalenza nazionale, per capire quante sono le persone che si sono infettate fino ad oggi.
Quindi valutare il rapporto tra persone sintomatiche e persone infette. Stimiamo che il nostro sistema di sorveglianza sia in grado di catturare il 5-10% del totale delle infezioni, ma è chiaro che in alcune regione e aree del Paese il problema è molto maggiore
».

Giovanni Rezza ha poi aggiunto: «Questo è un virus che proseguirà a circolare nella popolazione finché non avremo il vaccino. Per cui dovremmo stare sempre molto cauti. Cerchiamo di evitare contraddizioni tanto per farlo, ma collaboriamo per capire come fare a ridurre la velocità di circolazione di questo virus. E su questo sono completamente d'accordo con Crisanti, dobbiamo essere pronti e capaci di reagire sul territorio». Oltre a Crisanti e Rezza, in trasmissione c'era anche Massimo Galli, primario di malattie infettive al Sacco di Milano. I tre virologi sono concordi su un aspetto: «Non ci sono evidenze degli effetti positivi del caldo sul virus». Giovanni Rezza, tuttavia, si dice ottimista in vista dell'estate: «I virus respiratori diminuiscono la loro incidenza e il loro impatto durante la stagione estiva perché naturalmente succede quello che ora stiamo causando in maniera invece artificiale, ovvero il distanziamento sociale. D'estate non si va più al cinema, a teatro, a scuola, chiudono gli uffici e si vive più all'aria aperta».
Ultimo aggiornamento: Domenica 3 Maggio 2020, 19:24
© RIPRODUZIONE RISERVATA