Covid e zone rosse, le accuse a Conte e Speranza. L'ex premier: «Ora ci dicono che non abbiamo chiuso abbastanza»

Tre anni dopo le drammatiche settimane della prima ondata della pandemia, sono state chiuse le indagini della Procura di Bergamo

Covid e zone rosse, le accuse a Conte e Speranza. L'ex premier: «Ora ci dicono che non abbiamo chiuso abbastanza»

di Domenico Zurlo

Sono passati tre anni da quelle drammatiche settimane in cui la pandemia di Covid fece migliaia di vittime: al governo c'era Giuseppe Conte come presidente del Consiglio, e Roberto Speranza come ministro della Salute, e infuriò il dibattito - qualche settimana dopo - sulle zone rosse nei comuni della Val Seriana, nel bergamasco, in particolare nei comuni di Nembro e Alzano Lombardo. Ora l'indagine di Bergamo vede nuovi risvolti su quel periodo, e accuse diverse.

Le accuse a Conte e Speranza

Nell'indagine sulla gestione della prima ondata del Covid in Val Seriana, chiusa due giorni fa, l'ex premier e l'ex ministro hanno posizioni diverse. Conte è accusato di non aver istituito la zona rossa nel comuni di Nembro e Alzano Lombardo nonostante «l'ulteriore incremento del contagio» in Lombardia e «l'accertamento delle condizioni che (...) corrispondevano allo scenario più catastrofico».

Tale contestazione non riguarda però Speranza, che risponde solo per la mancata attuazione del piano pandemico: l'allora responsabile del dicastero di Lungotevere Ripa aveva firmato una bozza di decreto con cui proponeva di estendere la misura urgente di «contenimento del contagio» già adottata nel Lodigiano, ai due comuni della Bergamasca. Tale bozza invece non venne sottoscritta da Conte. Gli atti delle due posizioni sono già stati trasmessi alla Procura di Brescia che poi li invierà al Tribunale dei Ministri.

Conte su zona rossa: sono tranquillo

«Su questo punto ho già riferito alla procura le ragioni che ci hanno spinto ad adottare una misura restrittiva riguardante l'intero territorio lombardo e continuerò a offrire il mio contributo per fare chiarezza nelle sedi opportune, sono assolutamente tranquillo su tutte le scelte fatte», ha detto all'ANSA il presidente del M5S Giuseppe Conte rispondendo alla domanda sulla ragione per cui non ha firmato - a differenza dell'allora ministro Speranza - il decreto che stabiliva la zona rossa Bergamasca. «Di fronte a una situazione senza precedenti - ha aggiunto Conte - c'è chi mi ha accusato di aver chiuso troppo e chi di aver chiuso troppo poco. Quello che posso dire ora e che ho agito con massimo senso di responsabilità, in piena trasparenza e coscienza, non risparmiando un minuto del mio tempo per mettere a punto con esperti, Protezione civile, forze dell'ordine, governatori una risposta all'altezza della situazione drammatica che abbiamo vissuto».

«Ci abbiamo messo il massimo impegno, lavorando giorno e notte, siamo stati accusati di tutto e il contrario di tutto, ho avuto denunce in tutte le Procure d'Italia per aver chiuso, accusato di essere un pazzo criminale e liberticida e adesso invece» ci sono «anche denunce per il fatto di non aver chiuso a sufficienza», ha detto Conte nel corso di una visita a un condominio Ater di Udine, ristrutturato con il Superbonus. «Però ci sta - ha proseguito - l'importante è confrontarsi, non sottrarsi al confronto. Questo vale per l'aspetto delle verifiche giudiziarie specifiche e vale anche per il fatto che siamo in una democrazia. Chi si assume la responsabilità di Governo deve poter rispondere sempre ai propri cittadini».

Per Conte l'inchiesta non inciderà sulla campagna elettorale. «Sono assolutamente tranquillo - ha detto - sono a disposizione, ho già fornito ai Procuratori tutte le informazioni in mio possesso e adesso se ci sarà una nuova occasione fornirò ancora la massima disponibilità.

Io credo - ha aggiunto ancora - che bisogna avere massimo rispetto per la magistratura, sempre e comunque, e non a seconda che capiti qualcosa a se stesso o agli altri». Il presidente del M5S ha indicato che «le verifiche giudiziarie sono assolutamente legittime: bisogna avere rispetto per le vittime che piangono i loro morti, a Bergamo ma anche per i 188mila» morti per la pandemia. «È una ferita per tutta la comunità nazionale». 


Ultimo aggiornamento: Venerdì 3 Marzo 2023, 19:36
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