Covid, il cacciatore di positivi: «Li mettiamo in quarantena. E loro ci coprono di insulti»

Covid, il cacciatore di positivi: «Li mettiamo in quarantena. E loro ci coprono di insulti»

di Simona Romanò
Al lavoro sette giorni su sette, senza una pausa, per dare la caccia ai positivi al coronavirus. Il tempo è prezioso per gli investigatori del Covid, i “contact tracer” che tracciano i contatti di ogni infetto per chiamarli e avvisarli che devono rimanere in quarantena. Così si tiene a bada il virus. L’isolamento è un obbligo, non un invito: le Ats sul territorio nazionale forniscono i nomi dei quarantenati alla questura per i controlli a domicilio. Uno dei cacciatori di positivi è Marino Faccini: responsabile della Struttura profilassi malattie infettive dell’Ats Milano, è a capo della squadra dei contact tracer.

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Faccini, la chiamano il Montalbano del Covid. Quale tenore hanno le conversazioni con le persone venute a contatto con gli infetti?
«Sono colloqui difficili, nessuno è felice e lo capisco, perché anch’io sono stato in quarantena. La vita è stravolta per 14 giorni: non si può avere rapporti con nessuno, limitando al minimo quelli con i familiari. Nemmeno il pranzo insieme. Bisogna stare nella propria stanza. Ci sono persone che hanno paura di essere state infettate e vanno tranquillizzate, ma altre hanno reazioni pesanti».

Di che tipo?
«S’infuriano e ce ne dicono di tutti i colori. Qualcuno ci ha accusato di sequestro di persona, ma non potevamo fare altrimenti perché era in aereo, in una fila troppo vicina a un positivo. Altri hanno tentato di “trattare” la possibilità di varcare i confini nazionali per isolarsi nella loro casa in Francia o in Svizzera. È un disastro quando si tratta di persone fuori dalla loro città per motivi occasionali e vogliono ritornarci a tutti i costi: c’è il rischio serio che scappino, si sentono come dei prigionieri».

E voi?
«Gli spostamenti li autorizziamo se sono in macchina, da soli e senza sosta. Ma siamo molti cauti e non perdiamo mai il contatto. I più fortunati possono essere ospitati da un amico se l’abitazione ha le giuste caratteristiche. Oppure sono accolti in strutture dedicate».

È proprio caccia all’uomo?
«Più che altro è caccia al Covid. Abbiamo rintracciato persone ovunque nel mondo, dall’Inghilterra all’Olanda, alle Maldive, dov’erano in vacanza. E chi è irreperibile è segnalato alla prefettura».

Come risalite ai contatti?
«Partiamo dall’elenco giornaliero dei positivi: intervistando l’infetto ricostruiamo con quante persone ha avuto un rapporto ravvicinato, per più tempo; andiamo a ritroso fino ai 2 giorni prima. Non è facile, occorre avere molta pazienza, perché le persone potrebbero non ricordare tutto o avere l’interesse a mantenere un cauto riserbo».

Quanti contatti può avere una persona positiva al Covid?
«In media da 5 a 10 per ogni positivo. Nelle scuole, quando sono coinvolte le classi, sono di più, tra 15 e 25».

Quindi, ogni 100 positivi una media di 1000 persone da rintracciare. Ci riuscite? «Dobbiamo farcela, è da 7 mesi che non ci fermiamo mai, perché è l’unico modo per frenare i contagi e scongiurare una seconda ondata».

La polizia ha scoperto dai controlli qualche fuggitivo?
«Sì, persone uscite di casa: queste vanno incontro a sanzioni amministrative se sono contatti, a risvolti penali se sono loro i contagiati.
C’è stata qualche denuncia».

Ultimo aggiornamento: Mercoledì 7 Ottobre 2020, 08:06
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