Coronavirus, quel paese reale sconvolto dall'emergenza: il fruttivendolo, l'insegnante, la babysitter e gli altri

Coronavirus, quel paese reale sconvolto dall'emergenza: il fruttivendolo, l'insegnante, la babysitter e gli altri

ASSUNTA LIMARDI, INSEGNANTE
«Qui a Lecco è partito il lavoro a distanza: lezioni solo on line»



«Noi insegnanti lavoriamo a distanza, utilizzando una piattaforma online dove inseriamo dirette, video lezioni e compiti per gli studenti. A breve attiveremo anche un canale youtube. Non è facile capire se è un metodo che sta funzionando per i ragazzi. Il mio lavoro è cambiato radicalmente da quando è scattata l’emergenza Coronavirus ed è diventato estremamente faticoso: passo intere giornate davanti al pc, senza essere certa che i ragazzi imparino qualcosa». (C. J. S.)

IRIS BASILICATA, ATTRICE
«Vivo sospesa in un limbo e non so cosa mi accadrà»


«Vivo le mie giornate in un limbo in cui non so cosa accadrà. Come attrice non ho diritto neanche allo stipendio dimezzato. Avrei dovuto portare uno spettacolo in diverse regioni d’Italia - Toscana, Campania, Sardegna e Calabria - e hanno chiuso i teatri e annullato tutte le date. Ora passo le giornate a casa scrivendo nuovi testi teatrali, ma mentalmente è molto pesante. Mi salvano gli abbracci con gli amici ai quali, nonostante il virus, non rinuncio». (C. J. S.)

SILVIA CAFORIO, OCULISTA
«Senza le scuole gli ambulatori adesso sono pieni di bambini»


Paradossalmente ora gli ambulatori privati sono pieni di bambini che non vanno a scuola. Visito con la mascherina e con i guanti, evito strette di mano con i pazienti. Ho deciso di restare qui, non vorrei essere io stessa a contagiare i miei genitori o i miei nonni. Poi la sanità al Sud non è attrezzata come al Nord. Vado a lavoro con la metro, negli orari di punta indosso la mascherina, e preferisco cenare a casa. (S. Pie.)

ROCCO DI FAZIO, FRUTTIVENDOLO
«Ora lavoro molto di più il supermarket fa paura»


«Lavoro molto di più da quando è scattata l’emergenza Coronavirus. I banchi al mercato sono pieni di gente, anche quelli accanto al mio, forse perché le persone hanno paura di andare a fare la spesa al supermercato o in posti troppo affollati. Qui da me si sentono sicuri. Da quando si è diffuso il virus, registro incredibilmente almeno il 30% in più dei clienti». (C. J. S.)

EDOARDO MOROZZI, GESTORE PUB
«Sono passato da 100 coperti a 8. È una situazione insostenibile»



«Sto subendo una perdita economica enorme e fatico anche a parlarne. Ho i brividi al solo pensiero. Negli ultimi giorni dai 100 coperti a sera ai quali ero abituato sono arrivato a 8. E solo perché avevo un clientela affezionata. Oggi ho chiuso i battenti, non potevo fare altrimenti. Sarà davvero dura rientrare di tutti i soldi persi: dovrò lavorare per almeno 2 o 3 anni solo per questo». (C. J. S.)

MARISA MEROTTO, IMPRENDITRICE
«Nel trevigiano è l’apocalisse uno scenario che fa paura»


Viviamo una situazione apocalittica. La terza Guerra Mondiale, senza armi. Con mio marito gestisco una trattoria a Cornuda e un’azienda vinicola a Valdobbiadene con esportazione all’80% all’estero, Siamo tutti disorientati, non c’è chiarezza. Non sappiamo se tra una zona rossa e l’altra ci sia un confine o l’esercito. Questa provincia è basata sulle aziende. La gente lavora nei comuni e non sa se potrà andare o meno. Ci siamo svegliati con le strade deserte, clienti che hanno disdetto.(S. Pie.)

MARICA PALADINO, BANCARIA
«Sono in smart working il futuro sarà questo»


«Da due settimane lavoro in smart working e credo che superata l’emergenza le azienda faranno una riflessione: gli uffici servono? Da casa siamo più produttivi, con meno distrazioni. Il vero cambiamento è in famiglia: io e mia figlia di 24 anni ci teniamo a un metro di distanza, dentro casa. Lo stesso con mio marito, per rispetto. E non so quando rivedremo gli altri due figli che sono a Londra. (S. Pie.)

SANDRA UVIDIA, BABYSITTER
«Ricevo centinaia di chiamate i genitori non sanno cosa fare»


«Qui la situazione è drammatica: molte si improvvisano baby sitter facendosi pagare 15 o 20 euro all’ora, senza aver mai lavorato in vita loro. Potrei lavorare di più in questo momento perché mi arrivano centinaia di richieste da parte di genitori disperati, ma ho scelto di non farlo: il rischio della diffusione del virus è troppo alta e io ho preferito continuare a lavorare con i bambini con cui già ero in contatto. È questione di rispetto verso le famiglie per cui lavoro da anni». (C. J. S.)

FEDERICA DI FOLCO, GUIDA
«Ho perso il mio lavoro a Roma sono saltati i tour»



«Sono rimasta senza lavoro perché i tour guidati sono tutti saltati: la gente ha paura. Nelle ultime settimane c’è stata un’affluenza minima e i turisti che venivano erano quasi tutti muniti di mascherina. Io stessa avevo paura di stringere le mani alle persone e andavo al lavoro con l’angoscia e la paranoia. Il virus, però, non mi impedirà di continuare a studiare, così quando tutto sarà finito tornerò più preparata di prima».(C J. S.)

MIO LÌ CHIUNG, PSICOTERAPEUTA
«Faccio terapia nello studio ma solo con la mascherina»


«Faccio terapia con la mascherina e nel mio studio le offro anche ai pazienti. Chi è stato male nei 14 giorni prima non può entrare in ambulatorio. Ai casi meno gravi propongo Skype, ma ovviamente non è lo stesso. E il rischio è che qualcuno dei pazienti più gravi faccia un gesto insano. Manca la coscienza sociale: i bambini sono quelli che capiscono meglio la gravità della situazione, gli unici che seguono davvero le regole».(C. J. S.)

 
Ultimo aggiornamento: Martedì 10 Marzo 2020, 10:07
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