Corinaldo, la banda dello spray era pronta ad armarsi: «Così lo lasci lì, non si muove più sicuro»

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di Lorenzo Sconocchini
Sempre a caccia di catenine d’oro e scariche d’adrenalina, balordi capaci di castigare a colpi di mazza da baseball l’autista che voleva uscire dalla banda e forse pronti a fare il salto di qualità, armandosi di una pistola per commettere rapine e regolare i conti con la gang rivale dei genovesi. Centinaia e centinaia di ore di intercettazioni telefoniche e ambientali, registrate dai carabinieri del Reparto operativo di Ancona nei cinque mesi in cui hanno seguito come ombre le mosse del commando della Bassa Modenese indagando sulla strage della Lanterna Azzurra, restituiscono l’immagine di una squadraccia pronta a tutto e giustificano le valutazioni del gip Carlo Cimini sulla necessità di spedirli in cella.

Senza scrupoli
Nel motivare le sette ordinanze di custodia cautelare chieste dalla Procura per i sei rapinatori delle discoteche e il loro ricettatore di fiducia, il giudice preliminare del Tribunale di Ancona parla di una banda di rapinatori composta da «soggetti privi di ogni scrupolo morale», con una «elevatissima pericolosità sociale», benché si tratti di ragazzi sui vent’anni. E anche dopo aver provocato la strage alla Lanterna Azzurra, spruzzando spray al peperoncino per rapinare sei avventori di catenine e braccialetti, continuavano progettando sempre nuovi colpi.

Le armi
Ad allarmare sono soprattutto i riferimenti alla volontà di armarsi. «Io gli sparo anche fra’, se non mi dà la collana», si sente dire in una conversazione a tre tra Ugo Di Puorto, Raffaele Mormone e E.A., il settimo componente della banda morto ad aprile in un incidente stradale, in cui si progetta la rapina di una collana di un cero valore. «Se vuoi fare la rapina fra’ - si sente una voce attribuita a Mormone - ti dico dove farla, a Castello c’è un bel negozio di un cinese ha una 22 k». Un altro, quello poi morto, propone secondo gli investigatori, «di utilizzare un’arma da fuoco per colpire alle ginocchia». «Io gli sparo anche fra', se non mi dà la collana - dice - nelle ginocchia fra’, non fa i morti nelle ginocchia». «Ma tu sei stupido vedi – risponde Mormone - non gli devi né sparare né un c... perché tu arrivi lì con la pistola, lui pensa che tu vuoi la cassa, tu non parli né niente bom! Gliela stacchi, non gli devi dire dammela, gliela stacchi perché lui pensa subito alla cassa non pensa alla collana».
Anche ad Andrea Cavallari prudono le mani, rimpiange i tempi in cui girava armato: «ti giuro io prima giravo armato a buco... dentro la macchina c’era...una mazza da baseball, un piede di porco, io addosso avevo spray e taser». Ma quelle armi improprie non gli bastavano: «Mi ero ingrippato che volevo prendere la pistola infatti adesso, la pistola è bella, prendi una... la lasci lì, se sai quello che hai in tasca lo lasci lì per terra che non si muove più sicuro».

La dura lezione
Violenti non solo a parole, almeno alcuni, visto che nell’ordinanza del gip Cimini si riporta la denuncia di un uomo di mezza età che racconta di essere stato picchiato da uno della banda perché non voleva più fargli da tassista da un locale all’altro: «Un uomo - si legge nell’ordinanza - era stato costretto con minacce o violenze di vario tipo (calci, pugni, percosse mediante l’utilizzo di mazze da baseball o spegnimento di sigarette sul suo corpo) a fare da autista ad alcuni membri della banda dello spray al peperoncino, accompagnandoli presso diverse discoteche ubicate sul territorio nazionale, in occasione di eventi musicali».

Le rapine e i soldi
L’argomento centrale di ogni loro discorso, fa notare il gip, «è quasi sempre costituito dalla rievocazione di furti commessi, dalla preparazione di nuove azioni delittuose, dal commento sull’operato di bande rivali ovvero dai problemi legati alla ricettazione e al riparo di spese e proventi». I sei ragazzi si sono trasformati in rapinatori seriali, secondo l’indagine dei pubblici ministeri Paolo Gubinelli e Valentina Bavai, per concedersi vacanze, talora cocaina, vestiti firmati e costosi gadget che da disoccupati o lavoratori precari non potevano permettersi. «Fra’ ci piacciono i soldi...a me piacciono i soldi», ripete Mormone come un mantra, imitato da Di Puorto: «e a me soldi e adrenalina....mi piace sentire uno che viene inc...». Sohuibab Haddada e Andrea Cavallari non sono da meno: «facciamo i soldi cazzo...facciamo qualche serata così, minchia nasi rotti... bum! - dice il giovane di origini marocchine - vedevo il naso...sentivo trick e vado via...e nell’occhio a quella distanza, sss (fa il sibilo dello spray) nell’occhio...te lo giuro su mia madre».

I sei giovani modenesi sono accusati di omicidio preterintenzionale plurimo e lesioni dolose e colpose per i sei morti e i quasi 200 feriti dell’8 dicembre scorso alla Lanterna Azzurra di Corinaldo, ma l’arresto è scattato anche per il reato di associazione per delinquere finalizzata a furti con strappo (accusa che coinvolge anche il ricettatore) perché avrebbero commesso un numero imprecisato di rapine ancora da ricostruire, ben 11 dopo il raid di Corinaldo, quando i carabinieri già li spiavano. «Si tratta dunque di persone - conclude il gip descrivendo le loro razzie di monili in oro nelle discoteche - dedite in maniera stabile, professionale e costante al compimento di condotte predatorie di ogni tipo. Per frequenza e serialità le azioni delittuose poste in essere esprimono in maniera inequivocabile un sistema di vita polarizzato, esclusivamente o quasi, sulla commissione di reati». 
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 7 Agosto 2019, 11:38
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