Concorsi pubblici senza carta e penna, la rivoluzione digital di Brunetta: «Ne faremo anche tre in cento giorni»

Concorsi pubblici senza carta e penna, la rivoluzione digital di Brunetta: «Ne faremo anche tre in cento giorni»

di Stefania Cigarini

La nuova era dei concorsi pubblici passa dalla digitalizzazione totale - “mai più carta e penna” - annunciata ieri da Renato Brunetta, ministro della Pubblica Amministrazione, parlando a Maria Latella nel corso del programma Il caffè della domenica di Radio24. 


«Faremo concorsi semplificati, tutti in digitale e in cento giorni, per consentire di fare due, tre selezioni l’anno a seconda delle esigenze delle singole Amministrazioni». Troppo lunghi, finora, i concorsi in Italia, in media di quattro, cinque anni. «Molti giovani hanno fatto i concorsisti di mestiere, tentandoli tutti, provando ad imparare i quiz a memoria». Non sarà più così. «Mai più “piatto ricco mi ci ficco” concorsi da tremila o diecimila posti. I concorsi avranno un numero accettabile di partecipanti, con posti e funzioni certe». 


Per il Ministro, digitalizzazione e semplificazione, saranno il salvacondotto per la meritocrazia, ovvero per “mettere al centro il merito, la formazione e la qualità la disponibilità ad apprendere”. Una riforma pensata per i giovani: «Perché nella stragrande maggioranza sono bravi, vogliono trasparenza e merito e non vogliono essere ricattati da nessuno, io voglio questo e questo si realizzerà» ha continuato il Ministro riferendosi ad una protesta “anti-concorso” a Napoli.

Il nodo (e la battaglia parlamentare) è quello del corso-concorso Ripam, lanciato un anno fa dal governatore della Campania, Vincenzo De Luca, che prevede l’assunzione di 1880 esaminandi che hanno superato il solo colloquio orale e concluso uno stage.

Soluzione che vede Brunetta contrario: «Questi giovani sono vittime di una cultura deteriore, assistenzialistica, di chi aveva la responsabilità di fare diversamente e non l’ha fatto». 

Pungolato poi da Latella, Brunetta si è poi espresso sul ruolo del premier: «È un bel paradosso, ma in questo momento abbiamo bisogno di Draghi per finire il lavoro sul Recovery, ma avremmo bisogno di un Presidente della Repubblica che si chiamasse Draghi. Vediamo se succede il miracolo». Infine una battuta sulla famiglia: «Tajani dice che con figli è meglio? Certo, ma quando ci sono amore e solidarietà, tutte le unioni sono famiglia»


Ultimo aggiornamento: Lunedì 10 Maggio 2021, 08:21
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