Ciro Esposito, la Cassazione: non fu legittima difesa, De Santis mirò ad altezza uomo
Nel concordare con la ricostruzione fatta in Appello, la prima sezione penale (sentenza n. 15283) spiega che ci fu «un contatto fisico» tra Ciro e De Santis, probabilmente un pugno del primo al secondo. Questi cadde, e in quell'occasione si ruppe la gamba. Il suo sangue finì sul cappellino di Ciro e sulla pistola, che aveva già impugnato. La sua reazione non fu, secondo i giudici, una risposta a un gruppo di tifosi napoletani che lo avrebbe aggredito. Cosa che, al contrario, si verificò solo dopo gli spari.
La legittima difesa è da escludersi perché De Santis «si trovava a fronteggiare un gruppetto sparuto», quello di cui faceva parte Ciro, «di tifosi disarmati e a mani nude, là dove egli era, al contrario, l'unico ad avere la disponibilità di una pistola». Inoltre, «aveva posto in essere le condizioni obiettive che portavano allo scontro. Aveva provocato una situazione di pericolo, scagliando oggetti contro il pullman dei tifosi napoletani, mettendo in conto una possibile reazione e creando così una condizione obiettiva di pericolo».
Dopo l'azione dimostrativa si mette in fuga, Ciro lo insegue per assicurare sostegno alla tifoseria napoletana. «Non vi è, allora - nota i giudici - cessazione della situazione di pericolo innescato dal gesto precedente». L'uso dell'arma «fu posto in essere deliberatamente»: De Santis «non si servì della pistola per dissuadere i soggetti che si avvicinavano. Né la mostrò o sparò in aria nell'esclusivo tentativo di intimorirli. Sparò cinque volte; ripetutamente e ad altezza d'uomo».
Ultimo aggiornamento: Lunedì 8 Aprile 2019, 19:15
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