Cesare Battisti, il verbale dell'interrogatorio: «Non sono un killer, il movente era ideologico»

Cesare Battisti, il verbale dell'interrogatorio: «Non sono un killer, il movente era ideologico»
«Io non sono un killer ma sono stato una persona che ha creduto in quell'epoca nelle cose che abbiamo fatto e quindi la mia determinazione era data da un movente ideologico e non da un temperamento feroce, quando in una cosa sei deciso e determinato. A ripensarci oggi provo una sensazione di disagio ma all'epoca era così». È parte del verbale dall'interrogatorio che Cesare Battisti, detenuto a Oristano, ha reso davanti ai magistrati di Milano lo scorso 23 marzo. Così l'ex terrorista dei Pac, che per la prima volta ha ammesso le sue responsabilità rispetto a quattro omicidi per i quali sta scontando l'ergastolo, replica al pm che lo ha accusato di 'freddezzà nel compiere le sue azioni. 

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«Io non posso che chiedere scusa ai famigliari delle persone che ho ucciso alle quali ho fatto del male perché penso che la lotta armata è stata un movimento disastroso che ha stroncato una rivoluzione culturale e sociale che aveva preso avvio nel 1968 con prospettive sicuramente positive per il Paese ma che proprio la lotta armata contribuì a stroncare». Con queste parole Cesare Battisti chiede scusa, per la prima volta ai familiari delle vittime e ammette tutti i reati per i quali è stato condannato all'ergastolo. «Chiedo scusa - dice l'ex terrorista a verbale - pur non potendo rinnegare che in quell'epoca per me e per tutti gli altri che aderirono alla lotta armata si trattava 'di una guerra giustà, oggi non posso che confermare quel disagio di cui ho parlato nel ricostruire il mio passato o rivivere momenti che non possono che suscitare una mia revisione del passato che all'epoca ritenni giusto». Per l'ex terrorista Battisti, «Parlare oggi di lotta armata per me è̀ qualcosa privo di senso»

«Non ho mai avuto a che fare in alcun modo con esponenti della malavita organizzata sia italiana che straniera, avrei in modo irreparabile compromesso la mia immagine di rifugiato politico ed era contrario a qualsiasi mia concezione; non posso certamente escludere che fra tant'è frequentazioni che ho avuto occasione di intrattenere nei 37 anni di latitanza possa essermi imbattuto in persone appartenenti al mondo del crimine comune, ma se questo fosse accaduto sicuramente lo è stato a mia insaputa». E uno dei passaggi del verbale dell'ex terrorista dei Pac al pm di Milano. 

IL MINISTRO BONAFEDE: «CHI LO DIFESE ORA SI SCUSI». TORREGIANI: «SONO COMPLICI»

Non si spengono le polemiche su Cesare Battisti. Mentre le indagini della Procura di Milano sulla 'rete' di protezione che avrebbe favorito la sua latitanza, durata quasi 40 anni, stamani è intervenuto il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. «Tanti intellettuali che in passato si sono schierati a favore della dottrina Mitterand e comunque per una protezione di terroristi, perché di terroristi stiamo parlando, oggi dopo le dichiarazioni di Battisti farebbero bene a fare un piccolo 'mea culpa' e a chiedere scusa ai familiari delle vittime». Parole critiche, quelle del Guardasigilli, che son servite per ricordare che «la nostra volontà è chiara» e che il Governo punta alla «cattura di tutti i latitanti sul territorio francese».

Non diversa è la linea Alberto Torregiani, figlio del gioielliere Pierluigi, ucciso dai Pac nel 1979. Per lui gli intellettuali che hanno aiutato Battisti sono stati in un certo senso «complici» nel garantirgli una latitanza lunga. Nei loro confronti «non c'è una questione di rivalsa, e loro non hanno alcun tipo di obbligo - ha detto -. Però costoro, e sono circa 1.500 personaggi più o meno importanti, dovrebbero ammettere di avere in qualche modo, anche intellettualmente, sbagliato nel giudicare, tenendo conto delle loro posizioni: se non ci fosse stato l'appoggio morboso già nel 2004, i passaggi per avere Battisti in carcere sarebbero stati molto più veloci». Invece è stato arrestato solo scorso gennaio, grazie alle intercettazioni disposte della Procura Generale di Milano. Localizzato in Bolivia è stato espulso e consegnato all'Italia. Torregiani ha inoltre precisato che non è suo compito dire se le scuse dell'ex terrorista siano o meno «sincere, nè decidere quale cavillo possano usare i suoi avvocati. Ha queste opportunità, è normale che arrivi ad usarle», ma «io credo che almeno 20 anni in carcere debba farli tutti, se proprio vogliamo essere molto buoni. Poi in un eventuale futuro sono d'accordo che abbia eventuali benefici, purché leciti», anche se per ottenerli «non basta dire 'chiedo perdono'».

Intanto Alberto Nobili, il responsabile dell'antiterrorismo milanese che lo scorso weekend ha raccolto questa sorta di 'confessione tardiva' di Battisti, va avanti con l'inchiesta per far luce sulla rete di protezione che ha consentito all'ex Pac di sfuggire alla giustizia per parecchi anni, nonostante lui abbia assicurato di non aver mai avuto coperture «occulte» e di essersi mantenuto con la sua attività di scrittore. Inquirenti e investigatori, che a breve non hanno necessità interrogarlo di nuovo, avrebbero preso in considerazione anche i vari finanziamenti 'solidalì ricevuti, ma dal punto di vista penale non sarebbero perseguibili. Le indagini si concentrerebbero pure sulle reazioni di conoscenti e contatti dell'ex terrorista in seguito alle sue ammissioni. Tutto questo mentre lui sta per pubblicare un altro 'noir', all'estero.



 
Ultimo aggiornamento: Martedì 14 Marzo 2023, 10:28
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