Processo al catcalling: molestie o complimenti? Dopo il caso Aurora Ramazzotti, l'Italia si divide

Processo al catcalling: molestie o complimenti? Dopo il caso Aurora Ramazzotti, l'Italia si divide

di Stefania Cigarini

Sono molestie, perché il termine inglese catcalling suona troppo edulcorato. Come se si stesse chiamando il gatto di casa - miciomicimicio - e non apostrofando con commenti pesanti una ragazza. Aurora Ramazzotti, figlia di Eros e Michelle Hunziker, ha denunciato in diretta social fischi e commenti rudi ricevuti mentre correva al parco e - apriti cielo - la sua reazione ha scatenato polemiche che durano tutt’ora.

C’è chi l’applaude per la battaglia femminista - la mamma Michelle per prima e molte donne - e chi le scrive (pure qui molte sono donne) che l’apprezzamento, per quanto volgare, è pur sempre un complimento e che lei se la sta tirando un po’ troppo. Insomma, se fosse brutta, anelerebbe a commenti di quel genere.


«Addolorata da commenti così», dice Aurora. L’argomento ha spaccato le tifoserie dei social, portando in campo protagonisti del web come lo youtuber Damiano Coccia Er Faina (favorevole ai “complimenti” da strada), attaccato da Tommaso Zorzi, vincitore del Grande Fratello («Mi fai pena»). L’influencer Karina Cascella è tra i “possibilisti”, cioè: «Possibile che in questo Paese non si possa più dire o fare niente che tutto diventa un problema? ... davvero, cioè, che pesantezza». 

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Il catcalling è un argomento così scottante da aver travalicato i confini del battibecco virtuale. Elisabetta Aldrovandi, Garante per la tutela delle vittime di reato della Regione Lombardia - che proponeva un distinguo per età della vittima, tipo di commento/molestia - è stata attaccata dalla consigliera Pd lombarda, Paola Bocci: «Le molestie verbali sono sempre molestie».

Carlotta Vagnoli, attivista, autrice e blogger, alza la posta proponendo il contrattacco: anche un “vaffa” va bene.

Sempre meglio che cambiare strada, come faceva - da quindicenne procace - Selvaggia Lucarelli, piuttosto che subire le attenzioni indesiderate. Lo snodo è tutto qui: un apprezzamento diventa prevaricazione quando la destinataria (ma il bullismo riguarda anche disabili, omosessuali, minoranze etniche) lo sente come una violenza. A poco serve dire che s’è sempre fatto. Cent’anni fa era “normale” punire gli scolari con bacchettate sulle dita; oggi il maestro che lo fa, va in galera. I tempi cambiano, e il costume pure.


Ultimo aggiornamento: Giovedì 22 Aprile 2021, 12:57
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