«Non abbiamo Facebook». La rete internet della Procura non dà accesso ai social network, e così non possono essere svolte indagini per denunce di insulti e post di odio su Facebook. È la ragione che ha portato gli uffici giudiziari di Belluno ad archiviare la denuncia di una candidata italo-algerina alle ultime Regionali in Veneto, Assia Belhadj, che dopo aver postato su Facebook la propria foto con il velo era stata sommersa dagli insulti offensivi e violenti degli haters.
Chi è Assia Belhadj, candidata insultata sui social
La donna era candidata con la lista di Arturo Lorenzoni. La sua richiesta di giustizia è stata frustrata - riportano i media locali - dalla decisione della Procura, che con il pm Katjiuscia D'Orlando ha chiesto l'archiviazione, confermata poi dalla gip Enrica Marson. Nel provvedimento i magistrati spiegano innanzitutto che non è stato possibile identificare gli autori dei post in modo chiaro, e inoltre che «la rete in uso all'ufficio non consente l'accesso a Facebook». In passato, prosegue la Procura, queste queste indagini «venivano svolte da personale - che ora non c'è più - che usava il proprio computer privato e il proprio profilo Facebook».
Lo sfogo su Facebook: «Non ho avuto giustizia»
«Nei giorni scorsi è stata confermata l'archiviazione da parte del giudice della vicenda sui messaggi di insulti minacce e diffamazioni a sfondo razziale ricevuti a seguito della mia candidatura nelle elezioni regionali l'anno scorso Dopo più di otto mesi di attesa, così si conferma l'archiviazione di 2 vicende, discriminazione al lavoro e dei messaggi razziali durante le elezioni regionali», ha scritto in un lungo post su Facebook Assia Belhadj.
«Chi doveva decidere ha deciso che le più di 100 persone che si sono permesse di offendermi, prendermi in giro, minacciarmi, deridere me e la mia religione, chiamare "straccio" il velo che porto, dirmi che mi devo curare, associare la mia persona all'isis, darmi della medievale, eccetera, non possono essere processate perché non si riesce a risalire alla loro identità e non si riesce a risalire alla data di pubblicazione dei post (seppure ho denunciato che sono stati pubblicati nei 15 giorni successivi alla mia candidatura). A nulla è servito oppormi alla iniziale richiesta di archiviazione del PM. Non è servito fare notare come la Procura ha scritto che non riescono a fare indagini sui profili Facebook perché "la rete in uso all'ufficio non consente l'accesso a Facebook" e che in passato queste indagini venivano svolte da personale che usava il proprio computer privato e il proprio profilo Facebook personale. E a nulla è servito spiegare al Giudice come ogni profilo Facebook debba indicare un indirizzo email al momento di iscriversi e che bastava forse cercare a chi appartenevano questi indirizzi per trovare chi pubblicava su Facebook quelle bestialità. Pensavo che nel 2021 fosse una operazione banale nella sua semplicità. Ma è stato deciso di non fare questo approfondimento.
Vorrei condividere con voi questa grande delusione per quello che vedo come un'ingiustizia di un paese cosiddetto di diritti, europeo, moderno e civile.
Ultimo aggiornamento: Venerdì 5 Novembre 2021, 16:39
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