Pagare il caffè con il bancomat costa 40 centesimi: la rivolta dei baristi

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di Marco Agrusti
Premessa: c'è chi si comporta bene, rispettando la legge del 2017 che obbliga già i commercianti ad accettare qualsiasi pagamento (anche un euro per un caffè) con carte di credito e bancomat, come accade in gran parte d'Europa. Ma c'è un sottobosco fatto di cartelli, adesivi e avvisi che allertano il cliente: non si paga con il bancomat al di sotto di una certa cifra, oppure (ed è il vero pomo della discordia) se si usa il pagamento elettronico scatta una sovrattassa, che di fatto non sarebbe consentita. E il Comune avverte: «I controlli ci sono, spetta alla Guardia di Finanza effettuarli». 

Nei giorni in cui il governo discute di pagamenti elettronici e di commissioni bancarie, a Pordenone si vive una situazione gelatinosa: è come se la norma, varata dall'allora governo Gentiloni, non fosse mai stata applicata. Pesa l'assenza di un sistema sanzionatorio efficace, ma allo stesso modo sono da tenere in considerazione i costi sostenuti dai singoli commercianti ogniqualvolta un cliente striscia la sua carta per un importo basso. Non è il caso della grande distribuzione, che lavora su grandi volumi, ma di piccoli esercizi commerciali, come bar e tabaccherie. Si parla di commissioni in grado di mandare in fumo il margine sulla singola vendita, ma non attribuibili al portafoglio del cliente. Casarsa, Zoppola, Pordenone. Tre bar, in un'indagine a campione, che per far fronte ai costi elevati derivanti dall'uso del bancomat per i pagamenti hanno riversato l'extra sui clienti. «Un caffè? Se paga con i contanti è un euro, se invece sceglie le carte sono 40 centesimi in più», ci si sente dire a Casarsa in stazione. E anche in centro a Pordenone gli esempi del genere non mancano. E il conto sale da poco più di un euro fino a 2 euro e 20 centesimi. A Zoppola, sulla statale, c'è invece un bar che esclude a piacimento alcuni servizi e prodotti dal pagamento tramite bancomat o carte. 

LA MAPPA Negozi d'abbigliamento, ristoranti, grandi magazzini: tutti questi tipi di esercizi commerciali non hanno problemi. Il volume d'affari e l'importo della merce in vetrina sono già alti e pagare con la carta di credito è quasi la norma. Tutto cambia, però, quando si entra in un bar. È lì che la legge nazionale si è incartata. Un noto locale di piazza XX Settembre, ad esempio, ha deciso di far gravare sul cliente il peso di una norma contestata: si può pagare il caffè con il bancomat, certo, ma costa il doppio. Così la proprietà rientra della commissione che è costretta a pagare per l'operazione telematica. Il rincaro raggiunge il 100 per cento nel caso di un caffè, ma resta sempre di un euro anche se la spesa raggiunge ad esempio i 10-15 euro. È una specie di tassa autogestita che viene trasferita sul compratore. Il problema è che le commissioni che colpiscono le singole operazioni svolte con bancomat e carta di credito sono rimaste. Il risultato? I commercianti se rispettano la norma finiscono in alcuni casi per lavorare in pareggio, quando non in perdita. 
 
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 23 Ottobre 2019, 21:35
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