Alessandra De Tommasi, giornalista "curvy" offesa online: «Ho vinto la battaglia contro la mia hater. Ma instagram inizialmente mi ha lasciato sola»

Alessandra De Tommasi, giornalista "curvy" offesa online: «Ho vinto la battaglia contro la mia hater. Ma instagram inizialmente mi ha lasciato sola»

di Alessandra De Tommasi
Mi sono sentita chiamare "cicciona" per tutta la vita e ora che ho finalmente fatto pace con il mio corpo, rotolini e maniglie dell'amore inclusi, ho smesso di accettare gli insulti come se me li meritassi.
Quando anche sui social sono diventata bersaglio di cattiverie simili prima ci sono rimasta male, ma poi ho deciso di alzare la testa e far sentire la mia voce. Così ho combattuto. E ho vinto la battaglia contro la mia hater.



L’ANTEFATTO
Ma andiamo con ordine: un anno fa Leggo mi ha chiesto di scrivere un articolo in prima persona, cosa che di solito un giornalista non fa, sull’esperienza di donna plus size (per intenderci, abbondantemente oltre la 46, stando agli standard italiani). Ho accettato ribattezzandomi “taglia Nutella”, per sdrammatizzare un po’.

Ho, invece, smesso di riderci su quando sotto ad una foto in cui mi sono messa emotivamente a nudo con la scritta “curvy” sul collo ho iniziato a ricevere vari insulti su Instagram tra cui “sei una palla di lardo”, (vai) “nella discarica”, “tu sei adatta a fare la scomparsa perché sei obesa” e via dicendo.



LA NON RISPOSTA 
A quel punto ho deciso di denunciare questo comportamento alla piattaforma, Qual è stata la loro risposta? Le prime segnalazioni da parte mia sono cadute nel vuoto: Instagram mi ha mandato un messaggio preconfezionato che informa di non aver preso nessuna azione nei confronti dell’account dell’utente che si accaniva contro di me, perché niente di quanto scritto viola le regole della community. Un pugno nello stomaco. 

Mi sono vergognata, lo ammetto, e ho eliminato i commenti dopo aver ricevuto questo feedback. Non contenta, l'hater in questione è tornata all’attacco. Mi sono fatta forza e, lasciando questa volta il commento ben visibile, l'ho segnalato nuovamente. Ma da Instagram ho ottenuto lo stesso risultato.



E arriviamo forse al punto-chiave della faccenda: essendo giornalista ho avuto una comunicazione privilegiata – a voce e via email – con l’ufficio stampa italiano di Instagram a cui ho chiesto perché questo tipo di commenti non è ritenuto lesivo delle norme. Per tutta risposta ho ricevuto un documento che spiega gli strumenti che ogni utente ha a disposizione quando succede qualcosa del genere (limitare, segnalare, cancellare o filtrare). Tutte cose che potevo fare io, ma nulla su quello che avrebbero potuto (dovuto?) fare loro. 

LA CAMPAGNA DI LEGGO
Proprio Leggo si è schierato immediatamente e apertamente contro il cyberbullismo dedicando un ampio servizio sull’argomento, con foto in prima pagina, appunto, raccontando la mia storia.

Seguendone l’esempio anche ERT1, primo canale pubblico della TV greca, ha ripreso il fatto. Si è innescata così una conversazione social che ha generato l’interesse e la preoccupazione di molti (colleghi della stampa e non), che ho raccontato nei dettagli sul mio blog. Ma alla fine mi sono decisa e ho anche preso un appuntamento con la polizia postale perché per quindici giorni non ho ricevuto nessuna risposta da Instagram.

Ieri mattina la svolta: dopo aver ricevuto un paio di chiamate da parte dell’ufficio stampa, a cui non ho potuto rispondere perché impegnata, ho avvisato su Whatsapp il referente di Instagram che avevo intenzione di tornare sulla vicenda con un nuovo articolo per raccontare come il social network si sia dileguato, nonostante altri utenti a me vicini avessero segnalato commenti offensivi da parte della stessa hater.

Con un tempismo incredibile, poco dopo, mi è stato comunicato che l’account della mia hater è stato cancellato perché effettivamente violava gli standard della community.

Sia chiaro, mi è stato ripetuto più volte, che non ci sono dichiarazioni ufficiali dell’azienda a riguardo. E, per inciso, neppure spiegazioni concrete su come si sia passati dal ritenere che quel comportamento - che non violava le norme della community - abbia portato poi alla disattivazione del suo account. Mi è stato detto solo che sono state fatte indagini interne su questo caso specifico.

ALCUNE CONSIDERAZIONI FINALI
Queste sono state le prime offese pubbliche ricevute sul mio corpo e, di conseguenza, mi ha ferito constatare come inizialmente Instagram le abbia liquidate nel giro di pochi minuti. Ho letto la risposta come se, di fatto, fossi io quella permalosa e suscettibile, visto che quei commenti sono stati in qualche maniera inclusi, almeno inizialmente, nelle regole della community. Li ho dovuti elimare io, con senso di umiliazione e vergogna. Ci ho messo la faccia – e non solo – e mi sono ritrovata alla berlina, proprio come succede nella vita reale: la vita virtuale, insomma, ne era un riflesso.
Ultimo aggiornamento: Giovedì 23 Luglio 2020, 18:15
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