Garlasco, la donna che insulta e minaccia Stasi su Fb: «Chiara Poggi mi parla dall'aldilà»

Garlasco, la donna che insulta e minaccia Stasi su Fb: «Chiara Poggi mi parla dall'aldilà»

di Domenico Zurlo
Maria Grazia Montani, imputata per diffamazione e minacce aggravate nei confronti di Alberto Stasi, è stata interrogata a Milano, e ciò che ha detto non lascia indifferenti: la donna sostiene di «parlare quotidianamente» con Chiara Poggi, la ragazza uccisa a 26 anni nella sua casa di Garlasco e per il quale omicidio è stato condannato proprio Stasi, all'epoca dei fatti il suo fidanzato (in carcere a Bollate dopo la condanna definitiva a 16 anni di carcere). «Non volevo minacciare Alberto Stasi, io avevo paura di lui - ha detto la donna - Scrivevo quello che mi diceva Chiara, con cui comunicavo anche dopo la sua morte perché ho questo dono fin da bambina».

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Stasi è attualmente bersaglio di minacce e insulti su una pagina Facebook dal nome «Delitto di Garlasco: giustizia per Chiara Poggi», aperta nel 2009. La donna ha affermato anche di inviare degli sms con i suoi messaggi alla madre della giovane. Come ha cercato di spiegare ancora stamani in aula, sarebbe stata proprio Chiara a dirle di leggere alcuni «articoli di giornale» relativi al delitto. «Mi parlava anche nel sogno - ha affermato l'imputata - e alcune volte mi svegliavo urlando». 

La Montani ha poi dato la sua versione riguardo ad un incontro con Stasi avuto a Milano nel parcheggio della stazione Famagosta, nel settembre 2013. «Mi trovavo lì perché in quel periodo, tre volte alla settimana, andavo a casa di mio padre a fare le pulizie. Quel giorno è stata Chiara a dirmi che Stasi si trovava in auto - ha detto l'imputata - per questo sono uscita e ho scattato prima una foto alla mia macchina e poi alla sua. A quel punto l'ho visto accovacciato sul sedile posteriore». Riguardo a questo episodio, l'ex bocconiano ha detto di essere stato pedinato e fotografato da lei: Stasi, parte civile nel processo, è stato sentito in aula nei mesi scorsi. 

Rispondendo ad una domanda del legale di parte civile, Giada Bocellari, che le chiedeva come faceva a sapere che proprio quella era la vettura dell'uomo, ha detto: «Lo sapevamo tutti qual era la sua macchina. Lo abbiamo letto sui giornali». L'imputata ha sostenuto che i post avevano come fonte «i giornali» e un libro inchiesta sul delitto. Post, come ha raccontato lo stesso Stasi in aula nella scorsa udienza, in cui vi erano epiteti come «bastardo» e accuse come «corruzione di periti e giudici e di vendita di organi umani» e di «rapporti di parentela con i clan».

Inoltre, ha affermato lo stesso Alberto, vi erano anche dettagli «sulla mia vita personale. Cioè che facevo festini a sfondo omosessuale e gay» e «che assumevo sostanze stupefacenti». Molte anche le minacce: «Stasi sei finito - ha ricordato - la pagherai, non basteranno i proiettili a fermare la parola divina». L'udienza è stata aggiornata al prossimo 18 giugno per le conclusioni del pm, della parte civile e del difensore dell'imputata, l'avvocato Adriano Bazzoni. 
Ultimo aggiornamento: Venerdì 4 Maggio 2018, 18:53
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