Un blitz che aveva «decapitato Cosa nostra agrigentina», come aveva detto il colonnello Giovanni Pellegrino, Comandante provinciale dei Carabinieri di Agrigento, commentando i retroscena del maxiblitz, definito dal Procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, come «una delle più importanti operazioni antimafia degli ultimi anni». «Con l'operazione vengono aggrediti due mandamenti mafiosi preesistenti - diceva ancora l'ufficiale dei Carabinieri - e messa in luce l'esistenza di una nuova 'creaturà, la 'Montagnà a cui aderiscono, sotto l'egida, del paese di Santa Elisabetta, anche i paesi della realtà provinciale montana di Agrigento».
Dal blitz emersero anche i due tentativi di estorsione nei confronti di coop che si occupano della gestione dell'accoglienza dei migranti. Tentativi che «però non sono andati in porto», spiegavano gli investigatori. «Le estorsioni consistevano nella richiesta di fare assumere alle coop del personale riconducibile a Cosa nostra e dall'altra di avere una percentuale su ogni contribuito pro capite ottenuto». E ad oggi più di venti arrestati sono stati scarcerati dal tribunale del Riesame di Palermo.
Le motivazioni del provvedimento si conosceranno solo tra 45 giorni.
Solo allora la Procura potrà presentare ricorso in Cassazione. E fino ad allora i boss resteranno a piede libero. Sembra che alla base delle scarcerazioni ci sia un vizio formale. Nell'inchiesta 'Montagnà, per la prima volta, le vittime del pizzo hanno deciso di denunciare i loro estorsori. Ma dopo le scarcerazioni vittime e carnefici potrebbero ritrovarsi nuovamente faccia a faccia.
Ultimo aggiornamento: Martedì 20 Febbraio 2018, 08:41
© RIPRODUZIONE RISERVATA