Aereo caduto, il racconto choc: «Il passeggero è morto subito, il pilota respirava ancora»

Aereo caduto, il racconto choc: «Il passeggero è morto subito, il pilota respirava ancora»

di Attilio PALMA
«Mio suocero ha notato l’aereo zigzagare, sbandare, toccare le cime di alcuni alberi di ulivo fino a precipitare al suolo…». Il racconto, drammatico, è di un giovane che si trova sul luogo della tragedia di Gemini. «Sì, è stato lui uno dei primi – prosegue – ad arrivare nei pressi del velivolo. Il più giovane dei due piloti era già morto, l’altro ha dato qualche segno di vita ma, purtroppo, solo per pochi secondi. Ha notato tutto, ha visto l’aereo da lontano volare in maniera normale fino a perdere quota e cadere. È stato qualcosa di tremendo, che non ti aspetti».

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Salvatore Settimo è il presidente dell’Associazione Faco Fly che gestisce l’aviosuperficie di Gemini e non nasconde la propria amarezza e il proprio dispiacere: «Gianluca e Tommaso erano due soci, come tutti i componenti della nostra associazione di cui sono presidente. Oltre che soci però, noi siamo tutti amici e condividiamo questa grande passione per il volo. Non sono in grado di esprimere giudizi perché saranno i rilievi tecnici e le indagini approfondite a dover chiarire cosa è accaduto. Probabilmente, e dico probabilmente, si è trattato di un errore umano. Questo modello di velivolo è prodotto nel Salento da un’azienda validissima ed è sottoposto ai collaudi, ai controlli e alle certificazioni previsti dalla legge».
 
 


A vedere e sentire per l’ultima volta le due vittime è stato Salvatore Grasso, uno dei soci dell'associazione Faco Fly. «Era più o meno le 15,30 – racconta – hanno detto che andavano a fare un giro. Poi ci siamo sentiti per radio e mi hanno riferito che si dirigevano verso Leuca dopo essere stati a nord e che ci saremmo risentiti al rientro. Così è stato verso le 16,05 circa quando mi hanno ricontattato per avvisarmi che ritornavano per l’atterraggio». Grasso li osservava da lontano e ha potuto cogliere alcuni aspetti interessanti di quell’ultimo tratto di volo: «Li ho visti orientarsi sul finale un po’ alti, hanno fatto un ulteriore giro a 360 gradi e poi in virata base. A questo punto credo che il velivolo si sia stallato ed è andato in picchiata. Presumibilmente si è trattato di un errore umano, di un errore di manovra». Poi aggiunge che Arbace era in possesso dell’ultraleggero “Freccia” «già da qualche anno». «Da dieci faceva attività di volo, non era un principiante. Mediamente faceva due, tre ore settimanali. Quando ho visto che l’aereo è precipitato, sono corso sul luogo dell’incidente. C’era l’ambulanza e altri soccorritori ma loro erano già morti. L’aereo non si è incendiato, è stata colpa dell’impatto. È probabile che non siano riusciti ad attivare il paracadute perché erano abbastanza bassi e prossimi all’atterraggio. Da che altezza sono caduti? Da cento metri, forse centocinquanta».
Grasso spiega anche che la pista dista circa cinquecento metri «dal punto in cui si sono schiantati. Causo volava con il suo deltaplano, ogni tanto andava con Arbace a fare un giro sull’ultraleggero anche se non abitualmente. Capitava qualche volta». Il velivolo sarebbe stato avvistato qualche minuto prima sul campo di Ugento mentre la squadra locale giocava il match di campionato contro la Deghi Lecce.
Biagio Santantonio è uno dei soci che ha rischiato in passato la vita proprio a causa di un incidente aereo oltre a salvare un suo amico pilota dalle fiamme. «Per colpa di questa virata – sostiene – visto che andavano da sud verso nord per mettersi da nord verso sud in direzione della pista, hanno sbagliato qualcosa e sono andati in stallo, a quel punto l’ultraleggero è precipitato perché non aveva più la forza. Quel modello ha le ali strette e questo non consente di fare quello che si vuole»
Ultimo aggiornamento: Lunedì 28 Gennaio 2019, 17:00
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