Galeazzi, l'addio di Guido De Angelis: «Il premio Lazialità e quell'aneddoto sullo scudetto del 2000»

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di Guido De Angelis

«Da oggi, in cielo brilla una stella in più»: con queste parole la società sportiva della Lazio ha omaggiato Giampiero Galeazzi, morto il 12 novembre a 75 anni, legato alla sua squadra da un amore indissolubile. Un legame longevo e duraturo, sugellato dal prestigioso “Premio Lazialità” che io stesso, collega e amico, ho consegnato a Galeazzi il 22 novembre 2016 al Teatro Ghione di Roma.

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L’emozione di Giampiero durante la consegna del premio è stata lampante, trasparente e visibile a tutti. E forse per la prima volta. Da vero professionista, Galeazzi era rimasto sempre neutrale nel suo mestiere da cronista: raccontava da superpartes le partite, gli aneddoti e gli scoop senza mai esprimere preferenze, neppur nel caso della Lazio. Ma quella sera, in molti hanno capito che il legame con la squadra laziale era più forte e superava ogni limite professionale. «La lazialità l’ho tenuta sempre per me, ma oggi voglio gridarla a tutti: la Lazio è nel mio cuore» ha commentato Giampiero con occhi lucidi e voce rotta dalla commozione mentre riceveva il premio.

 

Grande standing ovation in sala di fronte all’icona della telecronaca. Durante la premiazione, gli è stato chiesto di raccontare l’episodio, diventato poi virale, della vittoria dello scudetto della Lazio. Era il 14 maggio del 2000 e Galeazzi stava lavorando alla telecronaca degli Internazionali di tennis al Centrale del Foro Italico. Quando, dalla radio, ha sentito che la Lazio stava vincendo, ha subito lasciato la telecronaca in diretta per andare all’Olimpico, che distava 300mt da lui, dove la sua squadra del cuore stava giocando. Abbandonò la sua postazione in diretta e si avviò con la troupe verso il campo.

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Una volta entrato, venne acclamato come un giocatore da tutti i tifosi della squadra.

Nessuno gli disse nulla, perché era un momento talmente storico, inverosimile, che per un grande appassionato come lui era imperdibile. Uno scoop clamoroso passato alla storia. «Non era previsto assolutamente nulla, tutto fu improvvisato – raccontò Giampiero successivamente -. Mi portai dietro la troupe del tennis e la feci camminare verso di me con la radio all'orecchio. A quel punto il servizio era già nato, facendo sentire che la Lazio stava per vincere lo Scudetto».

Durante gli anni d’oro, Giampiero era accolto come un padre negli spogliatoi dei giocatori. La sua goliardia piaceva, tanto da permettergli di irrompere in qualsiasi posto senza preavviso e lavorare in piena libertà. Mai domande banali, mai scontate: l’originalità che lo caratterizzava aveva il potere di emozionare anche gli spettatori di squadre avversarie. “Nazional popolare” è la giusta descrizione per un cronista dello spessore di Galeazzi, più unico che raro. Imitarlo è impossibile. Considerato il “maestro della telecronaca”, aveva insegnato a tutti il mestiere di strada. Piaceva al popolo, era alla portata di tutti: spettacolare, simpatico, ma soprattutto umile. Un gigante buono.

Il grande eco delle sue interviste batteva ogni record: Maradona, Agnelli e molti altri personaggi che intervistava sapevano che avrebbero avuto grande successo dopo le sue interviste. Negli ultimi anni dai suoi occhi traspariva malinconia, i problemi fisici lo limitavano molto e questo lo faceva soffrire perché mentalmente era ancora molto attivo. Avrebbe voluto scrivere un libro, era pieno di idee e iniziative ma la malattia lo frenava. Si sentiva un leone in gabbia. Personaggio esplosivo, rispondeva all’invidia dei suoi colleghi con un “non ci posso fare nulla”. Conosceva lo sport a 360 gradi, era un vulcano di cultura. Insieme a Mario Pennacchia, scomparso qualche settimana fa, il grande Galeazzi ha fatto la storia del giornalismo italiano.


Ultimo aggiornamento: Sabato 13 Novembre 2021, 14:23
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