Covid, i veri numeri dei morti nei dati Istat di marzo e aprile: il conto sale di 19mila decessi

Video

di Antoni Calitri
Il nuovo coronavirus ha fatto più morti di quanto dicano i numeri ufficiali registrati dal bollettino del ministero della Salite. Circa 20 mila in più nei primi due mesi dell’epidemia, a giudicare dai dati sui decessi in Italia che si leggono tra le pieghe del bilanci demografico mensile dell’Istat, relativo ai primi quattro mesi del 2020. Un anno che era partito positivamente per la salute degli italiani anche per un’influenza stagionale poco aggressiva e un clima non troppo rigido. Dai dati infatti si legge che i decessi di gennaio 2020 sono stati 60.988, 4.687 in meno dei 65.675 del primo mese del 2019. Stessa cosa per il mese di febbraio, con i decessi scesi di 4.040 a 55.250. Un totale di 116.238 decessi nel primo bimestre 2020 e un risparmio di 8.727 vite rispetto al 2019 quando si contarono 124.965 morti.

Covid, Iss: «Contagi e terapie intensive in rialzo, pronti a ulteriori misure»
Covid, a Madrid restrizioni alla mobilità in 37 zone. Hacker cinesi rubano dati ricerca vaccino

UN BUON INIZIO
Un dato che smentirebbe anche chi ha sottolineato che il nuovo coronavirus girava già in Italia all’inizio dell’anno o per lo meno che se girava, non era per nulla letale. Poi la doccia fredda arrivata il 20 febbraio, con l’ufficializzazione del primo caso italiano di Covid-19, il trentottenne Mattia Maestri ricoverato all’ospedale di Codogno in provincia di Lodi. Il giorno seguente all’ospedale di Padova viene registrata la prima vittima, il settantottenne Adriano Trevisan. Da allora incomincia un’escalation di contagiati, ricoverati e vittime di Covid-19. Il 23 febbraio vengono attuate le prime zone rosse in 10 comuni del Lodigiano e a Vo’ in provincia di Padova, il 9 marzo, quando le vittime ufficiali erano 463, viene annunciato il lockdown dell’intero paese con fuga nella notte dalla Lombardia. E poi, il 18 marzo vengono trasmesse le immagini della colonna dei 70 mezzi militari che trasportano le bare dei morti di Covid-19 dal focolaio bergamasco di Nembro e Alzano Lombardo, probabilmente la scena che ha più spaventato e tenuto in casa gli italiani.

BERGAMO
A poco più di due mesi dall’inizio dell’epidemia in Italia e dopo 50 giorni di lockdown, il bollettino del ministero della Salute conteggiava 27.967 deceduti di o con Covid-19 su un totale di 205.463 casi. Un numero di per sé impressionante, ma che a detta del primo cittadino di Bergamo, Giorgio Gori, per quanto riguardava i comuni focolaio della bergamasca, era sicuramente inferiore alla realtà: «Il numero di decessi è superiore a quelli che vengono registrati negli ospedali» perché «la gente muore a casa e non viene registrata».

Adesso, dai dati dell’Istat arriva la conferma che quei dati ufficiali sono stati sottostimati e non solo nella bergamasca. A marzo infatti in Italia ci sono stati 84.989 morti con un incremento di 27.237 decessi rispetto ai 57.752 dello stesso mese del 2019. Ad aprile poi, sono stati registrati 70.957 decessi, 19.613 in più di quelli del 2019. Nel bimestre di massima intensità del coronavirus, considerando l’intera Italia, la mortalità è aumentata del 43% passando da 109.096 a 155.946 decessi per un totale di 46.850 vittime in più. Se facciamo la differenza tra i 27.967 decessi di o con Covid19 e l’incremento totale dei decessi registrato a marzo e aprile, ci sono 18.883 in più che, in buona parte potrebbero essere altre vittime non conteggiate del virus.

ALTRE MALATTIE
Certo, in questi mesi si è parlato di tante altre malattie che a causa del lockdown e della paura del rischio contagio, sono state trascurate. Bisogna considerare però che in quei 50 giorni di blocco, proprio per l’impossibilità di una vita normale ci sono stati meno incidenti e meno morti traumatiche, da affaticamento, da spostamento che potrebbe aver compensato almeno una parte di quelle da mancate cure. E tutto il resto invece potrebbe essere Covid-19 sommerso.

Ultimo aggiornamento: Venerdì 18 Settembre 2020, 23:23
© RIPRODUZIONE RISERVATA