Modesta proposta per il "cinema"

Modesta proposta per il "cinema"

di Marco Mottolese

“Fate con calma, in sala ci siete solo voi”. Alla biglietteria mi risponde così una signora palesemente annoiata; devo entrare in sala, è l’ora di inizio del film ma prima voglio fare un salto al bar; posso farlo, per questa proiezione hanno staccato solo due biglietti, i nostri. Avevo già scritto su #covidtelling del ritorno in sala, di quanto mi sembrasse sexy tutto quel buio, di come anche un Woody Allen sottotono apparisse da Oscar dopo mesi di astinenza da grande schermo. Ora è diverso; se, tornando al cinema dopo il big bang pandemico lo scarso numero di spettatori era in connessione al possibile contagio, dunque alla paura, ora no, sono certo, è la disabitudine la grande nemica che mette in crisi gli esercenti. Sono quasi due anni che è il cinema a venire da noi, e non noi ad andare da lui, come sempre è stato. E in due anni possono succedere molte cose, come, ad esempio, che nuove offerte per fruire delle pellicole (sì, parlo di Netflix, di Amazon, di Sky, di Raiplay, di Disney Channel, non è che manchino le occasioni) fossero in rampa di lancio già prima dell’avvento del virus ma ora, divenute norma, ci forzano ad abbandonare quei luoghi che stavano alla produzione di un film come una lumaca al suo guscio.

Pensiamoci, la parola cinema è parola dalle diverse sfumature; può significare un luogo, un’industria, una professione - “faccio il cinema -”, insomma identifica un’arte che necessita diversi percorsi che hanno (avevano), una sola via d’uscita: la sala cinematografica. Poi, arriva la pandemia, nessuno vorrebbe rinunciare ad andare a vedere un film, ed è questo bisogno che ispira i signori del business i quali decidono che, se lo spettatore non va al cinema, sarà il cinema ad andare da lui. Tutto era già in atto quando, noi ignari, il virus iniziava la sua folle corsa intorno al mondo ma, quando è entrata sul set quella grande attrice da commedia dell’arte, la pandemia, la macchina dell’immaginario ha accelerato di conseguenza - bisognava aumentare le dosi di cinema per tutti, lo stare in casa regnava - e così, pian piano, ci siamo abituati a rimpicciolire “il cinema” per farlo entrare in un telefono, un televisore, un tablet, che è anche comodo ma più per vedere il football non certo per godere di un’opera che il regista, quando girava, preventivamente immaginava sul grande schermo .

E dunque, sapendo che l’abitudine fa l’uomo sedentario, da qualche tempo ho lanciato la mia personalissima e forse persa campagna di sostegno andando spesso al cinema e quando staccano il mio biglietto ho l’impressione di sovvenzionare una setta border line, fuori legge da un momento all’altro. Non vorrei sembrare pessimista - sono sempre per il bicchiere mezzo pieno - ma entrando nelle sale, quei pochi spettatori assumono le sembianze di carbonari o rifugiati nelle catacombe e penso a cosa si potrà fare nel prossimo futuro delle centinaia, se non migliaia, cinematografi che abbiamo nel nostro paese.

E’ qui che mi dico che dobbiamo pensare a coloro che al cinema andranno sempre e comunque e allora ci vorrebbe un’idea tanto forte quanto quella schierata dai signori delle piattaforme. Loro hanno colto l’attimo, vediamo di coglierlo anche noi che amiamo andare al cinema.

In soccorso sopraggiunge un format di successo degli anni ’70 - anche se a quei tempi format era parola sconosciuta – non so se idea autoctona o importata da paesi che ci inculcavano la loro cultura; parlo del cineforum, un momento all’epoca molto amato, una maniera di vedere una pellicola e poterne parlare subito col vicino di poltrona in attesa di poter dire la propria dalla platea; il cineforum era un social ante-litteram che però non soffiava odio come accade oggi.

Sono convinto che questi catacombari che intravedo ogni volta che entro in sala, carbonari che difendono un passato luminoso, ancor più volentieri andrebbero al cinema se poi si potesse parlare, discutere, occuparsi di quanto si è appena visto e, al contempo, fare nuove amicizie, perché no far partire nuovi amori. Loro potrebbero essere gli artefici di una nuova “sala”, la risposta forte al diluvio di piattaforme e serie – un luogo dove si è, allo stesso tempo, passivi ed attivi- un posto dove, chi il film ha prodotto o diretto o interpretato, possa essere presente, portare l’esperienza, farsi blandire o attaccare, rendere vivo lo spettacolo. Spezzare la solitudine di una visione casalinga.

Per rianimare le sale bisognerà recuperare coloro che la sala la amano ma oggi, sopraffatti dall’ abitudine, l’hanno abbandonata anch’essi come in quei lunghi matrimoni che a volte vanno a noia perché non si sa come riaccenderli, spettatori ormai disabituati a fare di un film materia di discussione intelligente. I ragazzi, in primis, dovrebbero riscoprire la bellezza di andare al cinema e sentirsi arricchiti all’uscita, da quel momento comunque sanno qualcosa che prima non sapevano e avrebbero materia di chiacchiera durante la ricreazione o tra i banchi dell’università. Poi, è chiaro, le piattaforme, la televisione e tutti i devices che le rilanciano si sono portate in vantaggio, ma si sa che per una maggioranza che intraprende una strada c’è sempre una minoranza che ne cerca un’altra, per questa ragione sono fiducioso che delle nostre migliaia di sale qualcosa faremo, ma questo solo se il “cinema” – e qui intendo la sala- sarà vissuto come una novità invece che un animale in via di estinzione. L’animale cinema deve accoppiarsi con l’animale spettatore, solo così la stirpe avrà una sua continuazione e il cinema attraverserà , quasi indenne, il suo secondo secolo di vita .


Ultimo aggiornamento: Mercoledì 26 Gennaio 2022, 13:11
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