La pandemia come la Safety-Car della F1: i “cervelli” non fuggono e la nazioni ripartono così riallineate

La pandemia come la Safety-Car della F1: i “cervelli” non fuggono e la nazioni ripartono così riallineate

di Marco Mottolese

Notizia da verificare nel tempo ma, se fosse vera, dovrebbe rallegrarci: la pandemia ha bloccato (o altamente rallentato)  la cosiddetta “fuga di cervelli”; il virus ha reso difficile emigrare, organizzare le proprie vite all’estero, andare caparbiamente verso una vita altrove.

Poi, in Europa, la Brexit ha dato un ulteriore contributo: una delle mete preferite dei giovani (non solo italiani) è sempre stata l’Inghilterra che oggi, per chi cerca lavoro, è accogliente come un albergo privo di riscaldamento d’inverno. Sulla terra i fenomeni naturali - e una pandemia questo è - anche i più devastanti, col tempo fanno sbocciare cambiamenti che probabilmente non avrebbero preso piede senza quell’impatto dettato dalla imprevedibilità di eventi che l’uomo  non gestisce, come accade ai fiori e le piante che spuntano dalla lava una volta che si è raffreddata.

Dunque arriva il Covid e blocca tutti ai blocchi di partenza e chi ne soffre di più sono proprio i giovani, sprinter per definizione, che dall’inizio del 2020 provano la delusione della falsa partenza, quella che fa eliminare il concorrente uscito dai blocchi troppo presto. Niente studi all’estero, nessun lavoro che avrebbe apportato denaro, esperienza e  conoscenza di una nuova lingua, utilissima nel variegato bagaglio verso il futuro. Così si rimane stanziali, si fa buon viso a cattivo gioco e, in attesa che qualcosa cambi, ci si adatta a quello che c’è e, a quel punto, spunta anche un’ idea positiva che con vocina sommessa sussurra: vuoi vedere che è andata meglio così?

Perché poi, questa teoria dei “cervelli in fuga”, ha sempre attinto da racconti giornalistici che non sempre tengono conto delle statistiche effettive che dicono che è minima la percentuale di “fuggiaschi” rispetto all’effettivo numero di chi sta entrando nel mondo del lavoro nel nostro paese.

Certo, appena uno di noi, intendo un’italiana o italiano, giovane e brillante, si fa notare in aziende importanti con sedi in altre nazioni, riceve un facile rilievo mediatico ma non è mai una sineddoche conclusa perché la parte, in questo caso, non è sicuramente il “tutto”.

Un giorno accade che il virus prende il comando e anche questa minima percentuale di fuggitivi, già pronta a salpare, decide di  mettersi l’anima in pace e restare, rimboccarsi le maniche e, piuttosto che travestirsi da “cervello in fuga”,  assumere le proprie responsabilità e ipotizzare un futuro nel luogo dove si è nati e cresciuti.

Il Covid è la safety-car delle nazioni in gara riallineate dalla pandemia e costrette a ripartire tutte dallo stesso punto in cui si trovavano al momento del big bang. Per questa ragione il ripensamento dei giovani che hanno deciso di spendersi nel paese di origine fa sperare che i “cervelli” non vadano più in fuga ma che si valorizzino nel nostro territorio. Il tempo per andare in giro e conoscere il mondo tornerà presto; non sarà una fuga ma viaggio di piacere.


Ultimo aggiornamento: Domenica 3 Ottobre 2021, 17:27
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