Covid, il virus sta davvero rallentando? Il picco previsto tra 10 giorni

Covid, il virus sta davvero rallentando? Il picco tra 10 giorni

di Mauro Evangelisti

Il 4 aprile, in pieno lockdown, in Italia c’erano 29.010 pazienti Covid ricoverati nei reparti di area medica. Fu il numero massimo raggiunto. Oggi sono molti di più, 32.047. A questi si aggiungono i 3.422 pazienti Covid in terapia intensiva, presto raggiungeremo il picco del 3 aprile, che fu di 4.068. Ma allora perché ieri il professor Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità, ha detto che cominciamo a vedere effetto delle prime misure? Ha aggiunto: «Se uno paragona i numeri di venerdì 13 con quelli di venerdì 6 novembre abbiamo circa 2.500 contagiati di meno. Il numero dei ricoveri si è ridotto di più della metà e si è ridotto abbondantemente del 50 per cento anche il numero dei ricoveri nelle terapie intensive».

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I dati di ieri hanno solo parzialmente confermato questa tendenza: 33.979 nuovi positivi (con 195.279 tamponi), sette giorni prima (domenica 8 novembre) il dato era di 32.616 (ma con meno tamponi, 191.144). Ieri era alto il rapporto tra positivi e test (17,4 per cento), ma prima o poi bisognerà ragionare sul fatto che questo dato è sempre meno attendibile: si stanno escludendo dai calcoli tutti i tamponi rapidi negativi che regioni come Veneto e Lazio stanno eseguendo abbondantemente. In linea di massima, però, siamo a un evidente cambiamento della curva, nel senso che l’aumento quotidiano dei casi è costante, ma non avviene più quello che succedeva a inizio ottobre quando il numero di nuovi casi positivi raddoppiava da una settimana all’altra. Si tratta di una stagnazione, o dell’inizio di un plateau come abbiamo imparato a chiamarlo, ma con un problema: anche se non cresce è comunque un numero troppo alto e questo si riflette anche sui ricoveri.

Se è vero ciò che dice il professor Locatelli quando sostiene che c’è un rallentamento dei ricoveri, è anche vero che comunque l’aumento c’è, ieri si sono aggiunti altri 116 posti occupati in terapia intensiva, 649 nei reparti di area medica. In sintesi: la pressione sugli ospedali è ancora pesante e spaventa il fatto che l’inverno sarà molto lungo; a gennaio ci potrebbero essere anche gli effetti dell’influenza stagionale e dunque il sistema sarà messo alla prova per molti mesi. Allo stesso tempo ci sono alcuni elementi favorevoli rispetto alla prima ondata: gli ospedali, pur con mille lacune, sono preparati e i posti letto sono stati aumentati; i malati non sono concentrati tutti in alcune province, come successo a marzo e ad aprile, ma sono spalmati su molte più regioni (anche se questo può avere un rovescio della medaglia, perché rischiano di andare in crisi sistemi sanitari in regioni che storicamente hanno una debolezza conclamata dell’offerta ospedaliera); c’è la possibilità di migliorare l’assistenza domiciliare o nei Covid hotel, in modo da non avere come unica soluzione il ricovero per quella parte di pazienti che hanno una manifestazione della malattia meno pesante.

Altri due dati: per quello che conta, almeno in questa prima fase della seconda ondata, il picco dei contagi potrebbe arrivare nei prossimi dieci giorni, per poi cominciare una graduale discesa. Si ritiene che la frenata in corso sia ancora legata alle chiusure più blande, mentre gli effetti dei Dpcm (con alcune regioni in fascia rossa e sacrifici non così differenti da quelli del lockdown) li vedremo solo più avanti. Se guardiamo ai contagi, la media mobile settimanale è stata di 34.775, il più 8 per cento rispetto a sette giorni prima (dato calcolato da Youtrend). Domenica 8 novembre l’incremento della media settimanale era invece stato del 23 per cento, domenica primo novembre era del 65 per cento, domenica 25 ottobre dell’88 per cento. In sintesi: la frenata c’è, ma l’inverno sarà molto lungo.
 


Ultimo aggiornamento: Lunedì 16 Novembre 2020, 12:39
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