Coronavirus, test su 4 farmaci: clorochina, tocilizumab, remdesivir e terapia al plasma

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di Valentina Arcovio
Tanti farmaci in sperimentazione, ma nessuno ha ancora dimostrato la sua efficacia nel trattamento del coronavirus. Su questo l’Agenzia europea per i medicinali (Ema) è stata molto chiara nel suo ultimo aggiornamento.

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Tuttavia qualche piccolo segnale positivo arriva e riguarda principalmente quattro trattamenti ancora in fase di test: gli antimalarici clorochina e idrossiclorochina, l’anti-Ebola remdesivir, il farmaco anti-artrite tocilizumab e la terapia al plasma. «Sono gli unici trattamenti da cui arrivano segnali incoraggianti, anche se prove certe non ne abbiamo su nessuna di queste esse», dice il farmacologo Silvio Garattini, presidente dell’Istituto ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano. Alcuni farmaci, i primi a essere somministrati ai pazienti risultati positivi, si sono invece rivelati un flop.
 
 


«È il caso del liponavir e del ritonavir, entrambi antiretrovirali usati per i pazienti con l’Hiv», aggiunge Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università degli Studi di Milano. «Mentre per altri, come gli anti-virali umifenovir e favipiravir, quest’ultimo noto come Avigan, gli studi sono appena partiti e non abbiamo alcun dato, neanche preliminare, da cui poter dedurre qualche informazione positiva o negativa».
 


Sono poi in corso numerosi studi sulle cellule staminali, in totale più di 20, che hanno principalmente lo scopo di modulare l’attività del nostro sistema immunitario riducendo o addirittura riparando i danni agli organi danneggiati. «Infine, ci sono all’incirca una cinquantina di centri in tutto il mondo impegnati nella messa a punto di un vaccino e, grazie a speciali procedure accelerate, potremo vedere i primi risultati entro la fine dell’anno», dice Garattini. Nel frattempo, le speranze sono riposte sui quattro trattamenti più promettenti.

Clorochina
Aiuta, ma attenti
agli effetti tossici


La clorochina e idrossiclorochina sono usati anche per il trattamento di altre malattie autoimmuni, ad esempio il lupus e l’artrite reumatoide. «Molto interessanti sono i primi dati che ci arrivano sui pazienti a cui è stato somministrato a livello domiciliare», riferisce Pregliasco. «Si parla di una riduzione del peggioramento dell’infezione», aggiunge. Al momento è in corso uno studio multicentrico avviato dall’Organizzazione mondiale della sanità. In Italia è stato già testato su centinaia di malati. Tuttavia, l’Agenzia italiana per il farmaco avverte di eventuali effetti tossici sul cuore. Inoltre, se ne raccomanda un utilizzo prudente anche per evitare carenze che possono compromettere la cura di molti altri malati per cui questi farmaci sono da considerarsi «salva-vita».

Tocilizumab
Anti-reumatico
per i casi gravi


Usato per altre patologie, come l’artrite reumatoide, sul tocilizumab è in corso uno studio multicentrico di fase 2 che ha lo scopo di indagare la sua efficacia e sicurezza nel trattamento di pazienti con polmonite da Covid-19 . Lo studio, che dovrebbe terminare entro la metà del mese di maggio, nasce dai risultati di un’esperienza resa nota prima dai ricercatori cinesi e poi dall’Ospedale Cotugno di Napoli. Il tocilizumab è un anticorpo monoclonale diretto contro il recettore dell’interleuchina-6 e sembra avere una forte efficacia anti-infiammatoria. In alcuni casi, specialmente molto gravi, pazienti ricoverati in terapia intensiva e intubati sono migliorati entro 48 ore dalla somministrazione della terapia. 

Remdesivir
Il tentativo 
dell’anti-Ebola


Il remdesivir è attualmente in fase 3 di sperimentazione, cioè nella fase in cui oltre alla sicurezza si valuta l’efficacia del farmaco. Sono diversi i centri italiani impegnati nello studio e un migliaio di pazienti coinvolti, la metà dei quali in condizioni gravi. «Remdesivir è un farmaco antivirale, testato in passato contro la Sars, la Mers e l’Ebola», dice Garattini. «Come tutti gli antivirali l’obiettivo è quello di colpire direttamente il virus. Ci sono indicazioni - continua - che remdesivir impedisca la replicazione del virus, in modo simile a come fanno i farmaci sviluppati contro l’Hiv. Ad oggi abbiamo davvero pochi dati che ci consentano di prevederne l’efficacia o l’eventuale insorgenza di effetti collaterali, che credo siano simili a quelli di altri antivirali». 

Il plasma
La tecnica già
usata in Cina


Il trattamento consiste nell’utilizzare il plasma dei pazienti guariti dal Covid-19, quindi ricco di anticorpi capaci di fermare il nuovo coronavirus. Il protocollo sperimentale è partito da pochi giorni a Pavia e a Mantova, ma sono molte le città e i relativi centri interessati o addirittura in procinto di partire con i test. Questa procedura è stata collaudata già negli ospedali della Cina con risultati promettenti. In realtà, il trattamento al plasma è stato utilizzato con successo, anche nelle altre due epidemie da coronavirus, ovvero la Sars del 2002 e la Mers del 2012. I primi risultati nei centri italiani sono attesi per la fine mese. «A parte i dati che ci arrivano dalla Cina, dobbiamo capire quanto sia davvero efficace questa terapia», conclude il farmacologo Silvio Garattini. 
 
Ultimo aggiornamento: Martedì 7 Aprile 2020, 12:50
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