Coronavirus Roma, 1.100 chiamate al giorno al 118. Gli operatori: «Paura a entrare nelle case»

Roma, 1.100 chiamate al giorno al 118. Gli operatori: «Paura a entrare nelle case»

di Raffaella Troili
 Angeli bianchi che all'inizio fanno paura, ghostbusters, chiamati ad entrare in casa bardati nelle ormai tristemente note tute candide e inquietanti. Sono gli operatori dell'Ares 118 impegnati dall'inizio di questa epidemia. I primi a intervenire sui primi due casi (la coppia di cinesi dell’hotel in via Cavour. Ora guariti) e da allora, impegnati nel trasporto primario di tutti i pazienti sintomatici allo Spallanzani e, in collaborazione con la Cri, continuano a gestire tutti i trasferimenti secondari (quei pazienti sospetti che gli ospedali inviavano allo Spallanzani per indagini). Sono 1.100 le chiamate al giorno su Roma che si trasformano in un migliaio di interventi di soccorso. Le chiamate al 118 in questi giorni aumentano anche sull'onda emotivo-mediatica (dal ricovero della coppia di cinesi in poi ogni volta che c'è un intervento o un decreto le chiamate arrivano a toccare le 1.700 /1.800 al giorno) .

Coronavirus Puglia, quei genitori infettati dai figli rientrati dal Nord

I mezzi
Problemi di mezzi non ce ne sono anche perché il numero di incidenti stradali (che riguardava un 30 per cento degli interventi ) si è dimezzato e la gente ha recepito il messaggio di rimanere a casa. Ossia dolori ernie paranoie sono sparite. Il numero verde Quando sono esplosi i focolai italiani, anche la Regione Lazio si è organizzata per far fronte all’emergenza. Per questo, insieme alle consuete attività di soccorso, hanno affidato al 118 tutta una serie di attività. La prima riguarda la gestione del numero verde regionale Covid-19 800118800, attivata dal 27/2, ospitata all’interno della centrale operativa di Roma (con 12 medici per turno a rispondere).

La solidarietà dei ristoratori: pasti per medici, infermieri e operatori del 118

Le chiamate
Visto poi l’elevato numero di chiamate, sono stati raddoppiati i medici per turno e trasferito il numero verde all’interno della palazzina direzionale del San Giovanni. Altro impegno importante del 118 riguarda il trasferimento dei pazienti che necessitano di posto in terapia intensiva da altre regioni. Per allentare la pressione sulla Sanità delle aree colpite duramente dal virus, gli operatori del 118 curano il trasferimento in elicottero dei pazienti non positivi che hanno comunque necessità di essere assistiti in terapia intensiva. Diversi i voli già effettuati da Bergamo e Brescia. Infine il 118 si occupa di tutti i trasferimenti infraregionali di quei pazienti positivi che necessitano di posti letto specifici verso i vari Covid hospital che hanno aperto nella regione.

Coronavirus, il racconto del 41enne guarito: «Dopo 16 giorni in coma farmacologico sto per uscire»

Numero verde
Da quando è stato attivato, il numero verde gestisce 2mila chiamate al giorno, spesso gli operatori si trovano a fornite supporti anche psicologi e burocratici, di contro i cittadini hanno accolto le indicazioni di non andare in Ospedale se non per le emergenze. Così nei pronto soccorso c'è stato un calo degli ingressi intorno al 30 per cento , il 118 viene contattato solo per reali emergenze. Operazioni più lunghe, ogni volta che intervengono gli operatori sono bardati da capo a piedi, se loro incutono timore nelle loro divise di può immaginare cosa provino ogni volta che sono chiamati a entrare a casa di sconosciuti per interventi di vario genere. Si lasciano dietro una scia di inquietudine, un senso di paura, che resta nell'aria.

La paura
Quanto a loro non basta togliersi quelle tute e buttarle nei rifiuti.
Spiega il dottor Manuele Berlanda:
«La vera problematica oggi è che gli operatori sanitari vanno a casa di persone potenzialmente infette più volte in un giorno, dunque si espongono al rischio biologico d'infezione perché non sempre si ha la certezza di andare da qualcuno che non ha il covid, perché i sintomi non sono specifici. Questo fa capire perché gli operatori del 118 e degli ospedali si sono infettati così facilmente».

Coronavirus Roma, i contagi possono arrivare a 3mila. Più letti in terapia intensiva


«Dai primi sintomi non si capisce per cui la nostra azienda sta puntando sulla massima protezione individuale, gli operatori si presentano ogni volta bardati come marziani, si tratta di operazioni accurate, il tutto alla fine va buttato, tute integrali, cappuccio, purtroppo siamo consapevoli che non sempre si Sto arrivando! Se abbiamo a che fare o no con persone affette da corona virus».

Spesso le chiamate che arrivano alla centrale operativa sono più che di soccorso, di chiarimento, le persone hanno dubbi e paure mentre se possono evitano di intasare i pronto soccorso o chiedere interventi.
«Elencano i sintomi a noi spetta valutare la necessità di ospedalizzare o meno - spiega il medico del pronto soccorso - dobbiamo fare una sorta difiltro perché non possiamo ricoverare tutti quelli che hanno la febbre ma anche spiegar loro perché non devono andare in ospedale». Un lavoro gravoso «anche se la cittadinanza sta rispondendo bene in termini di minori richieste di soccorso ordinario, ci sono meno incidenti stradali o sui luoghi di lavoro». Gravoso anche il lavoro negli interventi perché le «le procedure di sbarellamento sono lunghe, gli operatori si devono spogliare di tutto guanti, tute e i mezzi di soccorso vanno sanificati ogni volta. Paura? Certo che c'è, tanta, ogni volta che entri nelle case di sconosciuti e non sai chi ti trovi davanti, come dargli torto».

I sintomi
Attenti all'affanno I sintomi più frequenti quelli che mettono sul chi va là l'operatore sono febbre, tosse secca, congiuntivite, cefalea,
«abbastanza caratteristica ma meno frequente la dispnea, l'affanno, quando sono interessate le vie respiratorie è un po' lo spartiacque tra ricovero o no, nel senso che con febbre e tosse si dice alla persona di restare a casa, certo va valutato caso per caso, età del paziente, patologie pregresse». Normalmente a chi resta a casa sotto l'osservazione dei medici di famiglia non viene prescritto ne' tampone ne' antibiotico. «Qui entrano in campo i medici di medicina generale che conoscono i propri pazienti e possono monitorarli quotidianamente, a loro spetta compito di segnalare un paziente sotto osservazione alle Asl». Se poi chi chiama ha avuto un contatto con un paziente COVID positivo acclarato anche quello fa la differenza. «È bene se non ha sintomi che resti a casa e si organizzi per fare un tampone». Da quando è stato attivato il numero verde le chiamate sono rientrate nella norma. Nell'ultimo mese quelle per patologie infettive o/e polmonari sono diventate il 25 per cento del totale rispetto a una media annua del 16 per cento. I soccorsi per sospetti COVID sono aumentati ma l'attività in generale è calata perché la gente non si muove e si fa meno male. Il calo nei pronto soccorso è del 50 per cento, per l'area 118 su Roma per le chiamate ordinarie è del 30 per cento.
Ultimo aggiornamento: Sabato 21 Marzo 2020, 15:53
© RIPRODUZIONE RISERVATA