Codogno, il pronto soccorso riapre. L'ospedale: «Negativo il caso sospetto di Covid»
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Alla riapertura erano presenti oltre ai vertici della Asst di Lodi e ai dirigenti medici, anche Francesco Passerini, il sindaco del comune del Lodigiano, uno dei 10 compresi nella prima zona rossa, tra i simboli della lotta al Covid-19. In tarda mattinata ha fatto ingresso anche un'anziana, classe 1930, positiva conclamata al Coronavirus. E' stata trasferita da una casa di riposo per problemi di anemia. Anche lei è in isolamento. Attorno alle 14.30 sono stati contati una ventina di accessi al pronto soccorso. «E' una bella notizia - commenta una signora arrivata da Milano in attesa di avere notizie della madre 86enne che ha fatto una brutta caduta.- Quando riaprono questi pronto soccorso mi sembra siano i posti più sicuri. Poi qui l'ortopedia è buona».
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E infatti dopo essere stato chiuso per oltre 100 giorni, il pronto soccorso della cittadina del Lodigiano simbolo della lotta al Covid-19, è stato riaperto oggi all'insegna della sicurezza. Termoscanner all'entrata, triage, ingresso vietato ai parenti (tranne in alcuni casi) e due percorsi distinti. Astanterie con letti distanziati per ospitare in totale 23 pazienti, zone filtro, una shock-room e 4 letti di terapia intensiva super attrezzati con pure ventilatori di ultima generazione e di fascia alta. «Stiamo lavorando anche alla redazione di protocolli clinici e assistenziali unici con Lodi - spiega Enrico Storti, primario di anestesia e rianimazione della Asst di Lodi -. Vogliamo fare in modo che ci sia una cartella clinica informatizzata unica e strumenti uguali, per sviluppare un approccio metodologico al paziente con una base comune tra Lodi e Codogno».
«Abbiamo riaperto perché adesso siamo in condizioni di garantire sicurezza per i pazienti, gli operatori e il territorio». Sono le parole di Stefano Paglia, direttore del dipartimento di emergenza e urgenza della Asst di Lodi oggi presente alla riapertura del pronto soccorso di Codogno, l'ospedale simbolo della lotta al coronavirus, dove è stato accertato il primo caso di Covid, quello di Mattia, in Italia. Il primario, tutto 'bardatò, nel leggere lo schermo del suo smartphone esclama: «11.35, primo paziente inviato dal 118. Si aprono le danze...».
Già in mattinata sono stati registrati una quindicina di accessi, tra cui un sospetto Covid e un'anziana positiva conclamata, trasferita in ambulanza da una casa di riposo con un problema di anemia. I due sono stati immessi in un'area riservata. Infatti all'ingresso del pronto soccorso dopo il termoscanner per misurare la temperatura sono stati predisposti due percorsi separati per i pazienti Covid e non. E proprio davanti all'ingresso, Paglia ricorda ancora la sera del 20 febbraio scorso. «Ho sentito una forte presenza dello stato. Immediatamente sono state convocate l'unità di crisi aziendale, regionale e prefettizia. La decisione di chiudere il pronto soccorso è stata presa da tutti e tre e subito sono state inviate 10 ambulanze».
«Quella sera - ha aggiunto Paglia - ero qui con il dottor Andrea Filippin, che è il referente medico di presidio e subito dopo l'accertamento di Paziente 1 e Paziente 3 abbiamo avuto la certezza di essere nel pieno di un'epidemia» Per il primario quello che è successo a Codogno, che fa capo alla Asst di Lodi, è un «unicum nella storia della medicina di igiene e prevenzione in Italia».
Ultimo aggiornamento: Giovedì 4 Giugno 2020, 17:56
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