Alessandro suicida a 13 anni, una tragedia che ci appartiene: per alcuni teenager la vita e la morte è la stessa cosa

Alessandro suicida a 13 anni, una tragedia che ci appartiene: per alcuni teenager la vita e la morte è la stessa cosa

di Andrea Catizone

Alessandro non c’è più ed aveva solo tredici anni. E’ nel silenzio che si invade degli spazi, dopo il funerale, dopo gli applausi, i palloncini che volano in cielo, dopo il diradarsi della folla incredula che restano i pensieri più autentici e veri. È il “vuoto” il tema centrale di una tragedia che ci appartiene fino in fondo ed è un vuoto che si è impadronito del dentro e del fuori della vita di Alessandro. Un vuoto nell’assenza di un sistema di valori che metta al centro la Vita come bene indiscutibile, non negoziabile, non aggredibile, come denominatore comune che rende gli esseri umani simili perciò solidali.

E’ un vuoto nella percezione di un mondo reale di carne e di ossa, di materia che diventa un unico con quello rappresentato dentro il proprio cellulare fatto di immagini e di suoni che trasmettono con una potenza incontenibile una dimensione esistenziale volubile, fragile, in continuo movimento. È un vuoto nell’ostinazione delle istituzioni a non voler finalmente ed una volta per tutte, mettere a sistema percorsi educativi che permettano di formare persone consapevoli del male e del bene che anche dentro il web si annida.

Saranno le indagini sul contenuto della chat, sul flusso dei messaggi ritrovati nel telefonino di Alessandro a fare emergere le cause che hanno portato questo ragazzo speciale, come lo ha raccontato una delle sue professoresse, a togliersi la vita lanciandosi nel vuoto e che se confermeranno le prime ipotesi raccontano di un altro caso di cyberbullismo. Sarebbe stata una coetanea con la quale Alessandro pare abbia avuto in passato un rapporto più stretto, non si può certo parlare di fidanzatina a tredici anni, ad essere tra coloro lo spingeva ad uccidersi.

E’ impressionante la facilità con la quale una parte dei giovani si rapporti con la morte, con il macabro, con lo scabroso e come da tutto questo ne tragga una forma di soddisfazione o di esercizio di supremazia sugli altri.

 

Molte delle forme espressive diffuse tra i teenager trasmettono contenuti confusi che mescolano il “bene” ed il “male” come se fossero la stessa cosa e non invece due facce della stessa medaglia. E’ come se in questa continua corsa a livellare le diversità perdesse anche di valore la differenza tra la vita e la morte che diventano paradossalmente quasi la stessa cosa, due entità intercambiabili salvo poi capire, troppo tardi, che non è possibile in natura in quella dimensione umana fatta di carne e ossa, un passaggio dall’una all’altra con ipotesi di ritorno.

Durante il funerale di Alessandro risuonavano le parole di una canzone di Blanco “cerco un senso, ma non c’è. Il senso poi dov’è?” per dirci che è nostro compito dare gli strumenti alle generazioni di ragazze e ragazzi affinché non si creino spazi vuoti dentro sé stessi che vadano oltre l’ordinario senso di smarrimento che a quell’età si avverte. Alessandro forse oggi sarebbe ancora tra di noi a godersi la spensieratezza della sua adolescenza a vivere le belle e le brutte esperienze della sua vita e i responsabili del suo gesto disperato ed estremo, se non ci fossero stati tutti quei vuoti e quelle mancanze, potrebbero avere maggiore consapevolezza sulla pericolosità che i comportamenti di branco distruttivi possono ingenerare nei loro coetanei. Quei ragazzi dell'età di Alessandro che lo hanno portato, pare alla morte, avrebbero forse imparato che la vita degli altri va protetta e difesa come fosse la propria perché l'umanità siamo noi tutti insieme e non gli uni contro gli altri. E’ già troppo tardi, non sprechiamo altri esseri umani smettiamo di essere così orrendamente indifferenti verso quello che accade ai nostri giovani.


Ultimo aggiornamento: Martedì 6 Dicembre 2022, 15:16
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