Caso camici in Lombardia, indagato il cognato di Fontana

Caso camici in Lombardia, indagato il cognato di Fontana
Ci sono i primi indagati nell'inchiesta sul caso sollevato dalla trasmissione televisiva 'Report' sulla fornitura di camici e altro materiale per un valore di 513 mila euro, durante l'emergenza Covid, da parte della Dama, società di cui la moglie del governatore lombardo Attilio Fontana detiene una quota e che è gestita dal cognato. Proprio il nome del cognato, Andrea Dini, erede di una famiglia di imprenditori storici di Varese che producono il noto marchio Paul&Shark, è stato iscritto nel registro degli indagati, assieme a quello di Filippo Bongiovanni, direttore generale di Aria spa, la centrale acquisti della Regione.

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L'ipotesi è turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente e il Nucleo speciale di polizia valutaria della Gdf, nell'inchiesta coordinata dall'aggiunto Maurizio Romanelli e dai pm Paolo Filippini, Luigi Furno e Carlo Scalas, ha acquisito oggi negli uffici della Regione la documentazione relativa al contratto di fornitura di camici tra i due «contraenti», ossia Dama e Aria, i cui vertici appunto sono indagati. In più, inquirenti e investigatori negli uffici della Procura hanno sentito l'assessore lombardo Raffaele Cattaneo, alcuni funzionari regionali e fino a tardi anche Francesco Ferri, presidente di Aria. La vicenda risale allo scorso 16 aprile quando la centrale acquisti Aria ha ordinato 513 mila euro di camici e altro materiale alla Dama, di cui Roberta Dini, moglie di Fontana, ha il 10% e di cui è titolare Andrea Dini. Dopo l'interesse della stampa sulla vicenda - questa è la ricostruzione nelle indagini - le fatture sarebbero state stornate e l'acquisito sarebbe stato trasformato in donazione.

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È documentato, da quanto si è saputo, che il pagamento da Aria a Dama non è stato effettuato e agli atti ci sono la nota di credito, le fatture e lo storno delle stesse.
Il sospetto degli inquirenti, però, è che la trasformazione della fornitura in donazione sarebbe avvenuta soltanto perché 'Report' aveva iniziato ad interessarsi alla vicenda. Tanto che, da quanto si è appreso, gli inquirenti legano lo storno delle fatture del 22 maggio ad una precedente intervista del 15 maggio di 'Report' a Fontana. Anche se in quel frangente non sarebbero state poste domande dirette sul caso specifico, ma più di "ampio respiro". Sia Aria che Andrea Dini, tuttavia, hanno sempre affermato che si è trattato di una donazione e che nemmeno un euro è uscito dalle casse della Regione, mentre Fontana aveva annunciato querele.

 
 

Pm e investigatori, intanto, attraverso i documenti acquisiti e l'incrocio delle testimonianze di queste ore, stanno verificando se sia stato corretto o meno affidare quella fornitura alla società di Dini. Il titolare di Dama a 'Report' aveva spiegato che coloro che si erano occupati della questione in azienda avevano «male interpretato la cosa», ma che poi quando lui se ne è accorto ha «immediatamente rettificato tutto perché avevo detto ai miei che doveva essere una donazione». Fontana, a inizio giugno, aveva chiarito: «Mi sembra che la donazione fughi qualunque tipo di problema».
Ultimo aggiornamento: Giovedì 9 Luglio 2020, 08:07
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