Sopravvive due giorni in un crepaccio sul Monte Rosa a 2.700 metri di quota con abiti da passeggio I soccorritori: «Un miracolo»

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È riuscita a sopravvivere per due giorni e due notti in un crepaccio profondo oltre 10 metri sul versante svizzero del Monte Rosa. La donna indossava pantaloncini ed era priva di attrezzatura adeguata: si tratta di una cittadina russa residente in Germania. Il suo è stato un modo di fare del tutto imprudente e inadeguato. A quella quota e in quella zona possono avventurarsi solo alpinisti esperti e ben attrezzati. Inoltre non aveva avvertito alcuno della sua sortita improvvisata. Procedeva da sola e, non essendo scattato alcun allarme di scomparsa, nessuno la cercava. È stata trovata - riferisce la compagnia svizzera Air Zermatt - in modo fortuito, da un gruppo di alpinisti di passaggio - diretti al rifugio Margherita - che hanno sentito dei rumori provenire da un crepaccio sul ghiacciaio del Grenz a 2.700 metri di quota.

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«Non abbiamo mai assistito a un salvataggio del genere negli ultimi 20 anni. È stato un miracolo», scrive Air Zermatt su facebook. La donna si era incamminata sul ghiacciaio nella mattinata di domenica 23 agosto, finendo nel crepaccio, profondo tra i 10 e i 15 metri. Per due notti intere è riuscita a rimanere su un ponte di neve. Estratta dai soccorritori e portata con l'elicottero in un ospedale svizzero, è illesa e con una lieve ipotermia (34 gradi).

 

Zwei Nächte und zwei Tage in Gletscherspalte überlebt Gestern war ein Einsatz reicher Tag für unsere Rettungscrews....

Posted by Air Zermatt AG on Wednesday, 26 August 2020

«L'essere illesa l'ha facilitata, perché se avesse avuto un trauma e perso conoscenza l'ipotermia si sarebbe manifestata in modo più evidente», invece «in qualche modo muovendosi, mantenendo una certa attività muscolare, probabilmente è riuscita a tenere la temperatura corporea a valori non troppo bassi». Lo spiega all'Ansa il dottor Guido Giardini, responsabile dell'ambulatorio di Medicina di montagna dell'ospedale di Aosta e già presidente della Società Italiana di Medicina di montagna. All'interno della fessura del ghiacciaio la donna «era al riparo dal vento» e «l'essersi fermata su un ponte di neve» ha fatto sì che non fosse «a contatto diretto con il ghiaccio, che l'avrebbe raffreddata. Magari è riuscita anche a mangiare qualcosa o a bere, anche solo la neve che si scioglieva, e quindi in qualche modo se l'è cavata».

«Certo - aggiunge Giardini - che se fosse rimasta lì più di 48 ore avrebbe iniziato a perdere temperatura».
Uno stato di ipotermia come il suo (34 gradi), «compreso tra 34,9 gradi e 32 gradi», è considerato «lieve, perché è risolvibile con il brivido, assumendo bevande calde e coprendosi». Con temperature inferiori occorre invece il trattamento «in ospedale e sotto i 30 gradi sopraggiungono le prime complicanze cardiache e neurologiche».

Ultimo aggiornamento: Giovedì 27 Agosto 2020, 19:39
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