Scuola durante il Coronavirus, «ripartiamo dai piccoli Comuni»

Scuola durante il Coronavirus, «ripartiamo dai piccoli Comuni»
Ripartire dei piccoli comuni. Nel momento di massima incertezza sul futuro della scuola e non solo, qualcuno ha le idee molto chiare. E lancia una proposta. Dall’inizio dell’emergenza Coronavirus tutte le scuole di ogni ordine e grado hanno chiuso i battenti e aperto un dialogo grazie a Internet. Da due mesi a questa parte le lezioni sono diventate videolezioni e la didattica si è rimodulata sull’andamento della banda. 

Ma cosa succederà a settembre, quando alunni e studenti dovrebbero tornare sui banchi con la presenza ingombrante del virus? Per il ministro dell’Istruzione si dovrebbe puntare all’avvicendamento. Ovvero ridurre le dimensioni delle classi e moltiplicarle, facendo turni tra il reale e il virtuale.

A fornire una visione diversa da quanto proposto è il presidente della Provincia di Viterbo, Pietro Nocchi  - e i rappresentanti dei comuni della conferenza dei sindaci della Tuscia - che in un lunga e articolata lettera, propone un nuovo modello. 

«Sono orami anni che la scuola è in balia delle regole che hanno spinto e continuano a spingere verso il “gigantismo”. Dimensionamenti, accorpamenti, chiusure di piccole scuole, fusioni e quant’altro, hanno fatto si che molti piccoli comuni siano stati privati della loro scuola. Oggi, come non mai, possiamo affermare che invece sono proprie le piccole realtà che, soprattutto in questa fase emergenziale, hanno saputo affrontare al meglio la crisi».

Per i sindaci della Tuscia la risposta alle domande sul futuro imminente della scuola è tutta chiusa nei piccoli comuni. Ed ecco la proposta: «Perché non riaprire o riutilizzare le piccole scuole? Innanzitutto bisognerebbe differenziare l’intervento in due step. Il primo è quello di dare spazi adeguati ai discenti in questa fase emergenziale. Individuare luoghi necessari per diminuire il sovraffollamento, per dare a tutti le stesse opportunità in termini di accesso alla formazione e per alleggerire le famiglie dal peso educativo. Una sorta di “telescuola” dove i discenti potrebbero prendere visione delle lezioni tenute in aula dalla propria insegnante. Sperimentato questo primo step, si potrebbe inoltre pensare di poter riattivare le piccole scuole di paese che hanno l’enorme beneficio di presentare un maggior senso di appartenenza. Ecco - si legge infine nella lettera - valorizzare la scuola dei piccoli centri significa rianimarli, renderli vivi culturalmente e socialmente. Questa modifica che farebbe scacco matto alla globalizzazione e alle tendenze all’accorpamento».
Ultimo aggiornamento: Sabato 9 Maggio 2020, 11:04
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