Coronavirus, allarme 50enni. Sanguinetti: «I più a rischio nel lungo periodo, cresce tendenza contagi»

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Coronavirus, non solo anziani. Sono i 50enni i più a rischio nel mirino del Covid-19. A rivelarlo è uno studio pubblicato da Lancet sui primi dati dell'epidemia in Cina. Un aspetto che potrebbe trovare conferma anche in Italia. Maurizio Sanguinetti, direttore del dipartimento di Scienze di laboratorio e infettivologiche della Fondazione policlinico Gemelli e professore ordinario di Microbiologia all'università Cattolica, esiste un'incidenza maggiore di positività al nuovo coronavirus sui 50enni?
«Osservando i dati di laboratorio, posso confermare che sta accadendo anche qui: prendo come riferimento i dati relativi alla positività ai test  ed effettivamente la quota dei 50enni è elevata rispetto alle altre».
Quanti pazienti vedete al laboratorio?
«In questo periodo di emergenza stiamo analizzando moltissimi campioni. Solo nel mese di marzo abbiamo lavorato 7mila test su campioni, provenienti dal pronto soccorso del Gemelli ma anche dal territorio e dalle province di Rieti e Viterbo. Per sostenere tali ritmi abbiamo avviato anche i turni di notte, lasciando aperto il laboratorio anche il sabato e domenica».
La fascia più colpita resta comunque quella degli anziani.
«Sì, all'inizio la fascia degli anziani è rimasta molto coinvolta ma ora, con le regole di distanziamento, è anche la fascia che rispetta maggiormente l'isolamento. Non hanno un'attività lavorativa e hanno interrotto le attività normali, anche quelle ludiche. Anche per fare la spesa, molti si stanno organizzando con consegne a domicilio. Sotto questo aspetto, gli anziani stanno rispettando le regole in modo molto rigido».
 
Non si può dire lo stesso dei 50enni?
«No, purtroppo. La fascia tra i 40 e i 50 anni è la più grande d'età, con possibili problemi di salute. Ma resta anche la categoria più attiva dal punto di vista lavorativo. Non essendoci in Italia un lock down totale, di tipo cinese, accade che sul lungo periodo i 50enni abbiano più possibilità di imbattersi nel virus perché questa fascia è più compatibile con l'infezione. Lo studio epidemiologico intercetta proprio questo dato. Poi andrà tutto approfondito».
Perché?
«Ricordiamoci che stiamo conoscendo ora il virus, non sappiamo ancora molto del suo comportamento soprattutto sulla lunga distanza. Quindi sappiamo per esperienze passate che, sui grandi numeri, si normalizza tutto: gli anziani si sono ammalati per primi ma poi i contagi potrebbero essere simili anche nelle altre fasce di età. Lo stesso vale per la differenza tra i due sessi».


A destra il prof. Sanguinetti


Il sesso maschile è più a rischio?
«Da quello che stiamo vedendo, sì. Senza dubbio. Ma anche questo è un dato che va approfondito: si ipotizza che possa dipendere dallo stato ormonale. Ma è da dimostrare, questo aspetto farà parte della conoscenza che faremo del virus».
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 8 Aprile 2020, 12:46
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