Conte sente Von Der Leyen: «L'Italia non accetterà compromessi al ribasso». L'Italia all'Europa: «Eurobond sì, Mes no»

Video
Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha sentito nel pomeriggio la presidente della commissione europea Ursula Von Der Leyen. Nel corso della conversazione, a quanto si apprende, ha ribadito la necessità di una risposta europea «coraggiosa», a partire dagli Eurobond. «L'Italia non accetterà compromessi a ribasso», avrebbe detto il premier.

Siamo solo al primo round: bisogna aprire un varco al tavolo dell'Eurogruppo, per poi giocare la partita vera, con i leader europei. La linea italiana è dunque tenere l'asticella alta. «Eurobond sì, Mes no»: Giuseppe Conte non si muove da qui. Parte da qui anche il ministro Roberto Gualtieri, collegato in videoconferenza con i ministri dell'Economia di tutta Europa. Non vuol dire pensare che il Mes possa sparire dal tavolo ma battersi perché del fondo salva stati spariscano il più possibile le condizionalità e poter così spiegare all'opinione pubblica italiana - e al M5s - che del Mes resta di fatto solo il nome, spogliato dalla minaccia della troika. E poi soprattutto battersi per aprire un varco agli Eurobond, magari attraverso la creazione del fondo proposto dalla Francia per l'emissione comune di titoli. Non conta tanto il nome, viene spiegato, quanto la sostanza: l'obiettivo è ottenere che l'annunciato pacchetto da 500 miliardi lieviti, che alla fine della trattativa l'European recovery plan caldeggiato da Conte valga almeno il doppio.

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella torna a stigmatizzare gli «egoismi nazionali» che impediscano di dare una risposta forte e rapida alla «terribile pandemia». Ma le resistenze tedesche, così come il muro alzato da Paesi come l'Olanda, sono difficili da scalfire. «L'Italia si gioca l'osso del collo» ma anche «per l'Europa può essere l'inizio della fine», avverte Enrico Letta. Perciò, sono convinti nel governo, la partita sarà ancora lunga. Non solo la riunione dell'Eurogruppo, si fa complicata. Ma anche il Consiglio europeo che dovrà discutere delle proposte elaborate dai ministri economici non dovrebbe riunirsi prima di metà della prossima settimana. Per allora Conte spera possa irrobustirsi il fronte, saldato con Francia, Spagna e un'altra decina di Paesi, che spinge perché l'Europa doti gli Stati di un'adeguata leva fiscale per rispondere a una crisi che si annuncia epocale. 

Conte ha assicurato che in questa partita si muove in asse con Gualtieri: nessuna diversità di accenti. La consapevolezza è che prima si attiveranno leve come quella della Bei e il fondo Sure ma la richiesta è una leva fiscale di grossa entità, subito accessibile e che abbia un orizzonte almeno di 20 anni per il rientro dei prestiti. Inoltre anche il ministro si è sempre detto convinto che il Mes sia uno strumento largamente insufficiente, oltre che inaccettabile alle condizioni attuali. Insomma, nessuna firma a un documento che contenga il Mes con condizionalità e senza aperture a Eurobond.

Nel governo intanto, non è un mistero, si fronteggiano la linea del Pd che, in asse con i progressisti europei, si batte per potenziare la risposta europea a partire dal bilancio Ue. E la posizione dei Cinque stelle assolutamente ostile al Mes. Luigi Di Maio dice che «non conta il nome» con cui li si chiamerà, ma servono gli Eurobond. Incalza da destra la Lega, con Claudio Borghi che scrive al fondo salva stati per dire che il governo non è legittimato a usare linee di credito perché non autorizzato dal Parlamento: «Sarebbe un attacco al Paese, ci opporremo in ogni sede», protesta Matteo Salvini. Perciò c'è chi ritiene che Conte possa far digerire in Italia solo se riesce a convincere l'opinione pubblica che è riuscito a «snaturarlo» e dunque le linee di credito non faranno scattare la troika. O se assicurerà che in ogni caso l'Italia non se ne servirà.

La partita europea è fondamentale per la definizione delle misure del governo: si attende di capire come si concluderà per varare il decreto di aprile, che fino all'estate dovrebbe prolungare cassa integrazione, bonus per gli autonomi aumentato a 800 euro e introdurre il reddito di emergenza. Dai fondi europei dipenderà quale sforamento di deficit il governo dovrà chiedere al Parlamento. Perciò non solo il decreto di aprile potrebbe arrivare non prima del 20 ma anche il Def, il documento con tutte le stime economiche, dovrebbe slittare, soprattutto se l'Ue concederà a tutti gli Stati di presentarlo, vista la situazione eccezionale, oltre il 30 aprile.
Ultimo aggiornamento: Martedì 7 Aprile 2020, 21:54
© RIPRODUZIONE RISERVATA