Coronavirus, il poliziotto di Pomezia è grave. «Stava male già dai primi di febbraio»

Coronavirus, il poliziotto di Pomezia è grave. «Stava male già dai primi di febbraio»
Non è in buone condizioni il poliziotto di Pomezia del commissariato Spinaceto che è ricoverato allo Spallanzani per coronavirus: il 52enne sovrintendente è intubato e sedato in terapia intensiva, dopo che - successivamente al responso positivo del tampone - era stato ricoverato nell'istituto romano che è diventato uno dei simboli in Italia della lotta al CoVid-2019. Il poliziotto è uno dei tre pazienti ricoverati nel reparto, insieme a una donna di Cremona e un anziano di Cassino.

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«Ci hanno detto che ci informeranno i medici di eventuali novità, ma non vediamo l'ora che telefoni lui», fanno sapere dalla sua casa di Torvaianica, dove moglie e i due figli di 19 e 17 anni sono in isolamento perché anche loro positivi, scrive Alessia Morani sul quotidiano Il Messaggero. Il 52enne, dice chi lo conosce, non aveva mai avuto un'influenza negli ultimi anni: «È un maniaco del lavarsi le mani, prudente, poco amante della vita sociale e mondana», abitudini che però non gli sono bastate ad evitare il contagio.

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Secondo gli esperti dello Spallanzani il contagio sarebbe venuto dalla figlia dopo un viaggio ad Assago, Milano, per un concerto tra il 14 e il 16 febbraio: sarebbe stata lei ad essersi imbattuta nel coronavirus per prima, ma con una carica batterica più bassa. Secondo la moglie però, scrive Il Messaggero, i problemi di salute del marito erano iniziati molto prima, già il 2 febbraio: «Era mancato parecchio tempo dal lavoro. A fine gennaio aveva raccolto anche le denunce di cittadini cinesi e per questo si era preoccupato». Per i medici però quella era una semplice influenza, a cui è poi subentrato il CoVid19.

Secondo la moglie, però, le sue condizioni sono così gravi perché si è perso tempo nei giorni precedenti: il 26 infatti - continua Il Messaggero - si era recato al policlinico di Tor Vergata «dove nessuno gli ha creduto e dove lo hanno fatto stare seduto su una sedia, al freddo, per tutta la notte negandogli il test per il coronavirus, era in mezzo agli altri malati, abbandonato a se stesso e non avrebbero dovuto dimetterlo in quelle condizioni, tant'è che nel giro di poco la situazione è precipitata. Chiederò giustizia».

È stato due giorni dopo che il poliziotto ha avuto una crisi: portato al Gemelli in ambulanza, i medici gli hanno fatto il tampone e poi mandato allo Spallanzani. La sua dottoressa invece, il 25 sera, aveva sospettato subito si trattasse di coronavirus dopo la sua visita: «L'ho subito rimandato a casa dicendogli di chiamare il 1500», racconta la donna che ora si trova in quarantena e il suo studio chiuso e sanificato dalla Asl. Quella sera l'agente chiamò il 1500, ma nessuno rispose: dunque telefonò al 112 e in serata gli venne detto di andare a Tor Vergata. Dove, come già detto, nessuno lo sottopose al tampone.
Ultimo aggiornamento: Giovedì 5 Marzo 2020, 12:42
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