Coronavirus, Giulia Grillo: «Nel M5S tanti no vax. Taverna e gli altri big ora fanno finta di nulla»

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di Simone Canettieri
«Niente di preoccupante, grazie. Domani (oggi-ndr) conto di stare a Roma per votare la fiducia, se tutto andrà bene, come deve andare». Il medico legale Giulia Grillo, ex ministro della Sanità e ora deputata semplice del M5S, risponde al telefono dalla Sicilia. Non avendo partecipato alla ripresa dei lavori della Camera, la domanda alle sei del pomeriggio sorge spontanea, per quanto sia di una cortesia, sotto sotto, banalissima: «Tutto bene, onorevole?». 

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In questi giorni di allarme Grillo non vorrebbe fare polemiche, ma non può non rilevare un po' di dati. Che riguardano l'azione del governo e soprattutto l'atteggiamento del suo partito alle prese con la medicina e gli obblighi. Materia di una ricca antologia che in queste ore di tregua nella maggioranza ha comunque dato il destro ai renziani di Italia Viva per ribadire, come ha detto il deputato Luciano Nobili che «fortunatamente esistono i vaccini e non esistono più i no-vax». Messaggio non tanto subliminale rivolto agli alleati pentastellati.
Allora Grillo, cosa le viene in mente in queste ore?
«Nemo propheta in patria».
Perché?
«Già una settimana fa avevo sommessamente proposto di stringere i controlli su tutti i voli in arrivo in Italia. Invece, non sono stata ascoltata. Mi auguro ora che l'esecutivo, come sta facendo, possa mettere in campo tutte le iniziative necessarie per arginare i contagi».
Da giorni, ormai, si parla molto dell'importanza dei vaccini: i virologi sono diventati (finalmente) autorità scientifiche da ascoltare e non da contrastare sui social network. Lei viene da un Movimento che ha avuto invece un rapporto più che controverso con questa materia: perché secondo lei?
«Noi, come grillini, non nasciamo contro la scienza. Anzi. Forse, però, con il passare del tempo ha preso piede un certo complottismo, una voglia di smentire fonti autorevoli per andare contro il potere ».
Ha toccato con mano questa deriva?
«Certo, importanti esponenti no-vax quando ero ministro mi fecero la guerra. Una guerra che alla fine ho perso, uno dei motivi, forse, per il quale non sono più ministro».
A chi si riferisce?
«Penso a Paola Taverna, certo. Notoriamente no-vax, ma anche a tanti big che adesso sono ancora ministri, come lo erano nel Conte 1, che non mi hanno mai difeso e preferirono, all'epoca, seguire l'orientamento del gruppo parlamentare».
Il caso scoppiò quando lei e il governo gialloverde decideste di mettere mano alla riforma dell'obbligo vaccinale.
«La mia posizione era mediana e anche di buonsenso. Ma c'era una parte che in maniera netta chiedeva l'abolizione dell'obbligo delle certificazioni vaccinali a scuola».
Lei cosa voleva?
«Dissi solo una cosa logica: togliere l'obbligo senza pensare al contempo a misure di tutela per gli immunodepressi aveva e ha poco senso».
E come finì?
«Dissì in una riunione che se fosse passata quella proposta io avrei dato, come ministro della Sanità, parere contrario. Poi credo che il ddl sia rimasto in Senato e che non se ne parli più, ora».
Beh, anche lei però soprattutto nella sua prima legislatura si caratterizzò per la sua battaglia contro le case farmaceutiche. Ricorda la guerra e al complotto di Big Pharma?
«Ma rivendico l'attenzione al business dei medicinali che costano tantissimo. Ma in questo caso i vaccini sono davvero briciole». 
È delusa dall'atteggiamento del suo Movimento su queste materia?
«Appena arrivati al governo si voleva tutto e subito. Un errore. Ci possono stare diverse sensibilità, in questa materia. Ci mancherebbe. Diverso è invece pensare sempre a una vena di complottismo. Soprattutto quando si ha a che fare con la salute degli italiani e occorre avere giudizio».
Luigi Di Maio la difese quando era capo politico e vicepremier?
«Di Maio e in generale gli altri big si schierarono con il gruppo, lasciandomi da sola in questa battaglia. Ma queste sono polemiche superate, adesso concentriamoci sull'emergenza».
 

Ultimo aggiornamento: Martedì 25 Febbraio 2020, 10:16
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