Spagna, socialisti primi ma senza maggioranza. Exploit dell'ultradestra
È stato lo slogan di Santiago Abascal, che ha fatto presa e realizzato quanto fino a pochi anni fa era inimmaginabile da queste parti. In linea con le previsioni il brutto risultato per la sinistra di Podemos guidata da Pablo Iglesias, che esce dalle urne evidentemente ridimensionato. Resta però da capire cosa abbia voluto dire Iglesias con quel «tendiamo la mano al partito socialista» ripetuto ai seggi nella giornata elettorale. Ovvero se sia sufficiente a superare le rigidità che hanno impedito il dialogo a sinistra. Prezzo altissimo poi quello pagato da Ciudadanos, stasera praticamente con le ossa rotte. Eppure sei mesi fa il suo leader Albert Rivera si autoproclamava alla guida dell'opposizione. Poi l'eccessiva durezza mostrata sul dossier catalano gli ha tolto potere negoziale e i muri alzati bloccando ogni tentativo di dialogo hanno spaventato l'elettorato più moderato. E allora da quel bacino forse qualcuno ha risalito la corrente fino a tornare a votare Pp, visto che dopo il tonfo storico di aprile i popolari hanno recuperato, senza tuttavia arrivare ai 100 seggi in cui sperava Pablo Casado per poter contare in un faccia a faccia con Sanchez. Ora i popolari potrebbero astenersi in aula sulla fiducia ad un governo Psoe, lasciando che Sanchez governi, per fargli opposizione e ricostruire in attesa del prossimo voto. Sfumerebbe invece lo scenario - ipotesi abbastanza azzardata già alla vigilia - di una coalizione di destra-ultradestra (Pp, Vox, Ciudadanos). Ma che la Spagna, dopo una così prolungata instabilità, si trovi davanti ad un bivio politico sembra un fatto acclarato, qualsiasi cosa succeda da domani e chiunque entri (o resti) alla Moncloa: dalle urne l'unica cosa chiara che sembra emergere è la necessità di una riflessione sullo stato del sistema politico del paese e soprattutto sull'efficacia della sua legge elettorale.
Ultimo aggiornamento: Lunedì 11 Novembre 2019, 12:24
© RIPRODUZIONE RISERVATA