Jovanotti, trionfo a Castel Volturno
nella notte dedicata a Pino Daniele

Jova, trionfo a Castel Volturno

di Federico Vacalebre
Inviato a Castel Volturno

Il bagno lo fanno in pochi, quelli che proprio non ce la fanno a resistere al caldo spietato di Castel Volturno, Africa d'Italia, «dove Miriam Makeba c'è venuta a cantare/ la sua ultima canzone d'amore e libertà»: Jovanotti la ricorda per prima, nel freestyle incastonato dentro «'Nu juorno buono», prima emozione della maratona del suo terzo «beach party». Il bagno di sudore lo fanno tutti, svestiti sino al limite dell'osceno e/o della grande bellezza, dipende si sa. «Castel Volturno beach sei meglio delle Hawaii/ yes I know my way», ed è sempre nu juorno buono quando arriva la seconda dedica, a Pino Daniele, orgogliosamente nero a metà.
 
 


Nella terra nera a metà, Mama Africa e il Lazzaro Felice torneranno puntuali, inesorabili punti di riferimento: Mama Africa evocata nella «Pata pata» inserita dall'uomo del pensiero positivo nel set del Liberation Project, ensemble multietnico con Phil Manzanera dei Roxy Music alla chitarra e l'ex Moderna City Ramblers, Cisco Bellotti alla voce; il Lazzaro Felice nel set a sorpresa della serata, quando sul palco principale salgono, con il protagonista, Enzo Avitabile, Rocco Hunt e, non atteso, Clementino, e «Soul express» si fonde in «Yes I know my way», funky su funky, sudore su sudore, neapolitan power su neapolitan power. C'è spazio anche per il «Dedicato a Pino Daniele» che proprio Clementino scrisse all'indomani della scomparsa dell'Uomo in Blues.

 

Il mare in realtà non bagna Castel Volturno, ombelico del mondo, almeno di questa parte del mondo. Fuori dal Flava Beach clandestini e prostitute africani, dentro la tribù, italiana, che balla. Il «beach party» ricorda i 50 anni dallo sbarco sulla luna, assicura che le ragazze della Domitiana sono belle come quelle che sculettavano a Ipanema, passa da una «Bella ciao» dal vivo alla voce di Giuni Russo su disco, da un «Andamento lento» versione techno alla chitarra di Bombino, l'Hendrix tuareg. Nel gioco dei tre palchi, dei costumi delle ragazze che cadono malandrini, nell'andirivieni di Jova dai set dei suoi ospiti, dei bambini che arrosticono al sole, delle docce anche da vestiti, dei bassi che pompano selvaggi, dei tamburi a go go, sta la prima parte della maratona, confusa e felice: sembrerebbe che persino per le forze dell'ordine tutto funzioni, o quasi. Certo, la fila per entrare è stata lunga e stancante, quella per andare via lo sarà persino di più. Certo, chi arriva da stradine laterali cammina su siringhe, rifiuti, preservativi. Certo, tra tre giorni la spiaggia sarà «più pulita di prima» o almeno così si promette, ma quel che è sicuro è che tutto qui tornerà come prima, terra dei fuochi, dei casalesi, del caporalato, del lavoro nero per i neri sfruttati e gli italiani rimasti ai margini della società. Ma per una volta sulla spiaggia domizia almeno si sorride di gusto, si suda bene, si f'ammore davanti a decine di migliaia di persone come se fosse normale, inevitabile follia.
«Io sarò anche naif, ma faccio questo mestiere: se non ci metto dentro delle sfide, se non dico come la penso, perché continuare a farlo?», si chiede Lorenzo Cherubini, alla terza tappa, la più difficile, simbolicamente persino la più importante, di questo tour sfida delle sfide, economicamente a rischio, politicamente pure (gli rimproverano di non chiedere a capitan Salvini di aprire i porti, di vestire african chic griffato Maria Grazia Chiuri, direttrice artistica di Dior), ma sicuramente diversa dall'«intronata routine del cantar leggero» (Panella dixit per il sommo Battisti). Al rito si sostuisce la partecipazione, dopo un po' persino i millennial - qui ci sono tutte le generazioni, o quasi - lasciano perdere i social e gli smartphone e si godono la festa. Sarà retorica, sarà banale, ma è qui la festa, dove gli ospiti si fanno il bagno in piscina nel backstage e come sono belli Clementino e Rocco Hunt nei panni dei sirenetti, dove il pubblico non fa il bagno ma è bagnato dall'inizio alla fine, dove la stanchezza non spegne la voglia di ballare, dove la periferia del mondo si traveste da ombelico del mondo.
È una libidine, una rivoluzione, vabbè, non esageriamo, ma ciao mamma come mi diverto: cantano tutti in coro, ora c'è anche il tramonto, dal palco si vede Ischia, il ritiro del Napoli Calcio, il mare che bagna ma non bagna Castel Volturno, un mare di persone, in costume e a piedi nudi. A piedi nudi sotto il palco, vuoi mettere con uno stadio, un palazzetto dello sport? Poco importa che l'inizio del concerto vero e proprio sia sporcato da problemi di amplificazione, possiamo sempre sentirci davvero «il più bello spettacolo dopo il big bang», di vivere in una «Nuova era». È questo il senso del «beach party», dove tutto è possibile, persino venire in spiaggia senza fare il bagno, chi mai ce lo avrebbe detto? E i versi di Totò («'A cunsegna»), Jovanotti che dice «me sienti?» e i 35.000 in coro: «Siiiiiii». Il groove è profondo, la band compatta, sul volto di Lorenzo ci sono segni tribali e quante tribù si incrociano sulla sabbia, mentre si fa sera, si fa notte, si fa festa. Con «tutto l'amore che ho» canta il Cherubini, che forse ci crede, come forse ci credono i jovanotters che si godono le citazioni-omaggio ai Daft Punk, alla sola grande chiesa che va da «Jammin'» a «Soul makossa», da Jova dj al Jova cantarrappautore.
Il cuore dello show dà alla terra della musica la sua musica, chiede il ritorno di Enzo Avitabile, davanti a cui il ragazzo fortunato si era prima inginocchiato e a cui, nei camerini, aveva confessato: «Ero un pischello quando impazzivo per Soul express, un lp troppo figo». Eccolo, quel treno dell'anima passare per la terra nera a metà delle anime derelitte, delle anime salve, delle anime per una notte felici, ritrovare il groove superfunky di «Yes I know my way» (Pino, Pino, Pino, è il coro che dalla spiaggia va verso il mare, verso la pineta, verso la luna, verso...) e Rocco Hunt, e Clementino che fa alzare «'O viento» e divide con il padrone di casa anche «Fratmo». Non saremo tutti fratelli, è vero, mio fratello che guardi il mondo e il mondo non somiglia a te. Ma stanotte almeno non siamo nemici, non abbiamo cuori chiusi, le motovedette della Guardia di Finanza non vigilano per evitare sbarchi. Castel Volturno, ombelico del mondo, non è vero ma ci credo. Quasi, almeno fino a che non torno a casa.
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Ultimo aggiornamento: Domenica 14 Luglio 2019, 19:51
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