Battisti sbarca su Spotify. Cecchetto: «Il web aiuta la musica». Donato: «Ma i vinili sono un'altra cosa»

Battisti sbarca su Spotify. Cecchetto: «Il web aiuta la musica». Donato: «Ma i vinili sono un'altra cosa»

di Claudio Fabretti, Massimiliano Leva
Il suo canto è libero. Lucio Battisti sbarca su Spotify. Si potranno ascoltare in streaming, infatti, i dodici album storici del sodalizio con Mogol. Lo ha deciso il liquidatore della società Edizioni Musicali Acqua Azzurra che custodisce il “tesoro” del cantautore di Poggio Bustone. Gaetano Presti, il commissario nominato dal Tribunale di Milano, ha formalmente comunicato alla Siae l’estensione del mandato anche all’incasso dei diritti sul web. E così, a 50 anni dal suo primo 33 giri omonimo, uscito nel 1969, uno dei guru del pop italiano diventa fruibile da tutti sulle piattaforme online (oltre a Spotify, anche Apple Music e Deezer) dove oggi si realizza circa metà dei ricavi del mercato discografico.
La decisione di Presti arriva dopo una lunga battaglia legale tra i soci della società Acqua Azzurra: Universal (che detiene il 35% del capitale), Mogol (il 9%) e gli eredi Grazia Letizia Veronese e il figlio Luca (il restante 56%), da sempre ostili a ogni diffusione della musica di Battisti per pubblicità e film - come lo stesso Lucio pare abbia chiesto prima di morire - ma anche alla diffusione su quelle piattaforme web, che naturalmente al momento della morte dell’artista neanche esistevano. Ed è probabile che gli eredi, guidati dall’indomita Velezia, siano già al lavoro per una controffensiva legale.
Presti, però, ha pieni poteri e l’obbligo di salvaguardare il patrimonio della società. Si tratta infatti di uno scrigno di canzoni storiche, ma anche di un tesoro economico ragguardevole. Al momento, gli incassi riguardanti la musica di Battisti sono legati esclusivamente alla Siae e fruttano intorno agli 800mila euro all’anno, cifra decisamente bassa per una star del suo livello. «Le canzoni che Lucio ha scritto con me in tanti anni meritano di essere ascoltate», aveva detto Mogol all’epoca dell’apparizione “a sorpresa” su Spotify. Ora, forse, arriveranno sul serio. E chissà che non vengano presto accompagnate da quelle dei “dischi bianchi” scritti con Pasquale Panella. Che per ora non fanno accapigliare nessuno, ma meriterebbero più di uno streaming.

CLAUDIO DONATO: «MEGLIO GLI ORIGINALI»
Claudio Donato, ideatore del programma tv “I miei vinili” e gestore dello storico negozio Goody Music, come vede Battisti su Spotify?
«Credo sia giusto che tutta la musica sia online. Come accadeva negli anni 60-70 con i bootleg, i vinili con registrazioni non autorizzate, oggi le piattaforme streaming contribuiscono alla diffusione della musica. Anche se il vinile ha sempre un altro fascino».
Le piattaforme online fanno dunque bene alla musica?
«Sì, anche se rimane un problema...».
Di che si tratta?
«Penso che i provider che gestiscono queste piattaforme spingano all’ascolto solo di chi già fa numeri perché famoso. Così, un artista sconosciuto farà sempre fatica a emergere, a meno che non venga inserito in qualche playlist da qualcuno già conosciuto da tutti».

CLAUDIO CECCHETTO: «IL WEB AIUTA I MUSICISTI»
Claudio Cecchetto, cosa ne pensa di questa sentenza che porta la musica di Lucio Battisti online?
«Sono d’accordo. Se l’hanno fatto con i Beatles, perché non si dovrebbe fare con Battisti? Come dice Max Pezzali: le canzoni sono dell’autore, ma le emozioni che danno sono di tutti».
Eppure c’è chi dice che il web uccida la buona musica...
«Per niente. La crisi del cd è una cosa, l’avvento della musica online un’altra. Non ho mai visto una così una grande diffusione della musica come oggi e in quanto appassionato, io non posso che goderne».
Anche se un nuovo Battisti non c’è?
«Forse le grandi canzoni sono già state scritte e oggi è difficile trovare un’idea nuova. Di sicuro Battisti appartiene al meglio che la nostra musica sia riuscita a esprimere».
Ultimo aggiornamento: Sabato 28 Settembre 2019, 17:38
© RIPRODUZIONE RISERVATA