Cucchi, otto carabinieri rischiano processo: «Dolori? Colpa del letto». Ecco da chi partì la catena dei falsi

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Morte di Stefano Cucchi, otto carabinieri rischiano il processo, anche vari ufficiali: la Procura di Roma ha infatti chiuso l'indagine sui depistaggi relativi alla morte del giovane romano. Otto carabinieri, tra cui il colonnello Lorenzo Sabatino (ex capo del nucleo operativo di Roma) e il generale Alessandro Casarsa (all'epoca dei fatti capo del Gruppo Roma) rischiano di finire a giudizio.

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I reati contestati, a seconda delle posizioni, falso, omessa denuncia, favoreggiamento e calunnia. Stefano, geometra 31enne, morì il 22 ottobre 2009 dopo essere stato arrestato per droga. L'avviso di conclusione delle indagini, che solitamente precede la richiesta di rinvio a giudizio, è stato firmato dal pm Giovanni Musarò e dal procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone.

I NOMI DEI CARABINIERI Oltre a Casarsa e Sabatino, rischiano il processo Francesco Cavallo, all'epoca dei fatti tenente colonnello e capo ufficio del comando del Gruppo Roma; Luciano Soligo, all'epoca dei fatti maggiore dell'Arma e comandante della compagnia Roma Montesacro; Massimiliano Colombo Labriola, all'epoca dei fatti comandante della stazione di Tor Sapienza; Francesco Di Sano, all'epoca in servizio alla stazione di Tor Sapienza; Tiziano Testarmata, comandante della quarta sezione del nucleo investigativo dei Carabinieri e il carabiniere Luca De Cianni a cui è contestato il reato di falso e di calunnia.

DA CASARSA LA 'CATENA DEI FALSI' La catena dei falsi legata alle note sullo stato di salute di Stefano Cucchi, dopo l'arresto, parte da Alessandro Casarsa, all'epoca comandante del Gruppo carabinieri di Roma. È quanto emerge dal capo di imputazione presente nell'atto di chiusura delle indagini. In particolare i magistrati di piazzale Clodio contestano a Casarsa, Cavallo, Di Sano, Colombo Labriola e Soligo, il reato di falso ideologico.

I pm affermano che gli indagati «avrebbero attestato il falso in una annotazione di servizio, datata 26 ottobre 2009, relativamente alle condizioni di salute di Cucchi», arrestato dai carabinieri di Roma Appia e portato nelle celle di sicurezza di Tor Sapienza, tra il 15 e il 16 ottobre del 2009. Per l'accusa il falso fu confezionato «con l'aggravante di volere procurare l'impunità dei carabinieri della stazione Appia responsabili di avere cagionato a Cucchi le lesioni che nei giorni successivi gli determinarono il decesso».

"DOLORI? COLPA DEL LETTO" Per allontanare i sospetti e garantire «l'impunità dei carabinieri della stazione Appia», secondo la Procura di Roma, fu redatta una seconda nota sullo stato di salute di Stefano Cucchi, con la data truccata del 26 ottobre, nella quale si attestava falsamente che «Cucchi riferiva di essere dolorante alle ossa sia per la temperatura fredda/umida che per la rigidità della tavola del letto ove comunque aveva dormito per poco tempo, dolenzia accusata per la sua accentuata magrezzà omettendo ogni riferimento alle difficoltà di deambulare accusate da Cucchi». Dunque dolori causati dal letto, dal freddo e dalla magrezza, secondo i carabinieri.

«Casarsa, rapportandosi con Soligo, sia direttamente sia per il tramite di Cavallo, chiedeva che il contenuto della prima annotazione (redatta da Di Sano) fosse modificato - è detto nel capo di imputazione - nella parte relativa alle condizioni di salute di Cucchi». Cavallo, dal canto suo, «rapportandosi direttamente sia con Casarsa che con Soligo chiedeva a quest'ultimo che il contenuto di quella prima annotazione fosse modificato».

Soligo, secondo i pm, «veicolando una disposizione proveniente dal Gruppo Roma ordinava a Di Sano, anche per il tramite di Colombo e Labriola, di redigere una seconda annotazione di servizio, con data falsa del 26 ottobre 2009 nella quale si attestava falsamente che »Cucchi riferiva di essere dolorante alle ossa sia per la temperatura fredda/umida che per la rigidità della tavola del letto ove comunque aveva dormito per poco tempo, dolenzia accusata per la sua accentuata magrezzà omettendo ogni riferimento alle difficoltà di deambulare accusate da Cucchi«.

ILARIA: CHI CI HA FATTO SOFFRIRE NE RISPONDERA' «In questi momenti di difficoltà emotiva per la nostra famiglia è di conforto sapere che coloro che ci hanno provocato questi anni di sofferenza in processi sbagliati verranno chiamati a rispondere delle loro responsabilità. È un'enorme vittoria per la nostra famiglia e la nostra giustizia».
Così Ilaria Cucchi ha commentato la chiusura, da parte della Procura di Roma, dell'indagine sui depistaggi relativi alla morte del fratello.


UFFICIALI SAPEVANO MA NON HANNO FATTO NULLA Gli ufficiali dei carabinieri Lorenzo Sabatino ( ex capo del nucleo operativo di Roma) e Tiziano Testarmata (comandante della quarta sezione del Nucleo investigativo), delegati dalla Procura nel novembre del 2015 ad acquisire una serie di documenti, pur avendo accertato che erano false le due annotazioni sullo stato di salute di Cucchi dell'ottobre del 2009 hanno «omesso di presentare denuncia». È quanto ricostruiscono i pm di Roma nell'atto di chiusura delle indagini nella inchiesta legata ai depistaggi e omissioni legati alla morte di Stefano Cucchi. I due, accusati di omessa denuncia e anche di favoreggiamento per avere aiutato «i responsabili ad eludere le investigazioni delle autorità», delegati «all'acquisizioni di atti riguardanti gli adempimenti successivi all'arresto di Cucchi, resisi conto che due annotazioni di pg erano ideologicamente false omettevano di presentare denuncia», scrivono i pm.

Nello specifico si afferma che Sabatino dopo l'acquisizione degli atti «si limitava ad elencare la documentazione prelevata presso la compagnia Roma Casalina, la compagnia Montesacro e presso il comando Gruppo carabinieri di Roma, omettendo di denunciare la sussistenza del reato e omettendo di evidenziare che esistevano due versioni per ciascuna annotazioni e che una delle due era falsa». Dal canto suo Testarmata «nel redigere la relazione del 12 novembre 2015 ometteva di dare atto di quanto accertato il 5 novembre del 2015 presso il comando stazione di Tor Sapienza in merito al rinvenimento di due versioni per ciascuna annotazione del 26 ottobre del 2009». 

FOTOSEGNALAMENTO ALTERATO C'è anche la vicenda del fotosegnalamento di Stefano Cucchi, dopo il suo arresto, tra gli episodi contestati nell'ambito dell'atto di chiusura della indagini sui depistaggi legati alla morte del geometra romano. In particolare i pm contestano al comandante Tiziano Testarmata il favoreggiamento in quanto l'ufficiale recatosi «il 4 novembre del 2015 presso la compagnia Casilina per acquisire una serie di atti» si è reso conto che «il registro delle persone sottoposte a fotosegnalamento della Compagnia di Roma Casilina era stato alterato».

In particolare «era stato cancellato con il bianchetto - scrivono i pm - il passaggio di un soggetto dalla sala Spis nella giornata del 16 ottobre del 2009 (giorno dell'arresto di Cucchi)». Secondo l'accusa Testarmata ha «omesso di prelevare il registro in originale nonostante fosse stato ripetutamente ed esplicitamente stimolato in tal senso dal maggiore Pantaleone Grimaldi (comandante della compagnia Casilina) e dal tenente Carmelo Beringheli (comandante del nucleo operativo di Casilina)». 

SUPERTESTIMONE CALUNNIATO La Procura di Roma contesta il falso ideologico e la calunnia nei confronti del carabiniere Luca De Cianni, a cui oggi è stato notificato l'atto di chiusura dell'indagine sui depistaggi e omissioni legati alla morte di Stefano Cucchi. Nel capo di imputazione si fa riferimento ad una nota di polizia giudiziaria che l'indagato ha redatto il 18 ottobre scorso e che faceva riferimento ad un incontro avuto con il collega Riccardo Casamassima, il «supertestimone» grazie alle cui dichiarazioni sono state avviate ulteriori indagini sul pestaggio del geometra romano.

Secondo l'accusa, nella nota De Cianni ha attestato il falso attribuendo a Casamassima una serie di dichiarazioni. «Casamassima gli aveva riferito - scrivono i magistrati di piazzale Clodio - che alcuni carabinieri della stazione Appia avevano colpito con schiaffi Stefano Cucchi ma che non si era trattato di un pestaggio; che Cucchi si era procurato le lesioni più gravi compiendo gesti di autolesionismo; e che lo stesso Casamassima avrebbe chiesto una somma di denaro a Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, e in cambio avrebbe fornito all'autorità giudiziaria dichiarazioni gradite alla stessa sorella». Il reato di calunnia è legato a quanto affermato da De Cianni, il 2 novembre scorso, davanti agli agenti della squadra mobile. Il carabiniere «ha ribadito quanto già attestato nella predetta annotazione - è detto nel capo di imputazione - e implicitamente accusava Casamassima, sapendolo innocente, del reato di false informazioni al pm, falsa testimonianza e di calunnia». 

Ultimo aggiornamento: Martedì 19 Marzo 2019, 13:39
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