Imane Fadil, test confermano radioattività. La denuncia inascoltata: «La Procura sapeva ma non l'ha sentita»

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La morte di Imane Fadil è ancora avvolta nel mistero. E se le analisi del sangue escludono la presenza di metalli pesanti nel sangue, un test preliminare che calcola la radioattività nei tessuti segnala invece radiazioni oltre i limiti di guardia. Sulla fine della supertestimone marocchina del processo Ruby Ter, ricoverata nella clinica Humanitas a Rozzano, peserebbero inoltre molti ritardi e omissioni. La clinica afferma di avere informato la polizia giudiziaria delle condizioni della ragazza e della sua denuncia di avvelenamento, ma la Procura di Milano, che indaga per omicidio volontario, fa sapere di aver saputo tutto dopo la morte.

Un laboratorio specializzato di Milano incaricato dalla Procura confermerebbe dunque l’ipotesi iniziale che la donna sia morta per un avvelenamento dovuto proprio agli isotopi dei metalli pesanti. Una contaminazione che un investigatore ha definito paragonabile a quella di una persona che ha lavorato per 30 anni in una fonderia. Se la presenza di radioattività sarà confermata dagli ulteriori esami, Siciliano e Gaglio dovranno scoprire come, dove e quando Fadil è stata esposta alle radiazioni.

Imane Fadil, il giallo del cobalto ionizzato: cos'è il veleno che svanisce

Quando è arrivata all'Humanitas di Rozzano il 29 gennaio scorso, Imane Fadil aveva già una patologia grave e conclamata al midollo osseo ed è stata ricoverata in terapia intensiva. I primi esami sulla giovane marocchina, che aveva chiesto di esser parte civile nel processo Ruby Ter, hanno escluso la presenza di un linfoma o di altri tumori del sangue. 

La modella si fidava da anni dei pm milanesi e poco dopo la metà di febbraio la clinica Humanitas racconta di aver informato la Procura delle sue condizioni di salute. La segnalazione sarebbe arrivata alla polizia giudiziaria ed era stata girata al pm di turno. A quel punto la procedura avrebbe previsto un interrogatorio, ma non c'è traccia della sua versione nei verbali. 
 
 

La situazione è poi precipitata e il primo marzo Imane è morta. Subito dopo sono stati sequestrati il corpo e la sua cartella clinica. Una morte inspiegabile le cui cause non sono state chiarite con un'autopsia immediata. Per due intere settimane la donna è rimasta chiusa nella cella all'obitorio. Eventuali indagini sull'avvelenamento da metalli tossici devono essere fatte rapidamente perché le tracce possono scomparire. 

Qualche settimana prima di morire, Imane Fadil è stata contaminata dal cobalto ionizzato, che è altamente radioattivo ma decade. Cioè svanisce progressivamente e questo spiegherebbe come mai, nel corpo della supertestimone dei processi Ruby, sono stati trovati solo 0,7 microgrammi per litro, quando il livello di tossicità del cobalto è 40. Per ora il corpo della giovane marocchina è all'obitorio di via Gorini, con divieto assoluto di avvicinarsi. «Non farla vedere a nessuno», è scritto a mano sul fascicolo della camera mortuaria.

 
Ultimo aggiornamento: Lunedì 18 Marzo 2019, 13:56
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