Non sposate le mie figlie 2 arriva dopo il primo capitolo che aveva qualche buona intuizione e una seconda parte che stancamente andava verso un lieto fine più telefonato di un’intervista di Fabio Fazio, diventando ancora più pieno di pregiudizi che per essere smontati vengono in realtà sottolineati e ribaditi, e con concessioni alla gauche caviar transalpina (così chiamano i radical chic in Francia).
Per redarre il cinemanuale progressista per le masse ignoranti il regista Philippe De Chauveron pensa bene di combattere le discriminazioni con un altro razzismo, quello classista, verso il pubblico stesso che lo va a vedere. I Verneuil e i Koffi, i cui capofamiglia godono della mimica di Christian Clavier - che nella sua espressività e talento racchiude tutti i pregi (pochi) e i difetti (tanti) del film, nei suoi eccessi nelle gag di situazione così come nel calcare le battut(acc)e - e Pascal N’Zonzi - sono nuclei familiari da sit-com di terz’ordine, stereotipi che vorrebbero essere archetipi, ma lo sono solo della falsa coscienza di chi racconta. Che non esce mai, come il film e quel cinema, da salotti luminosi di ville arredate benissimo. Perché il buonismo di una Francia che alla fine risulta come sempre il migliore dei mondi possibili può sopravvivere solo se accompagnato da champagne, tartine e sofà di marca. Almeno in sala.
Ultimo aggiornamento: Giovedì 14 Marzo 2019, 08:49
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