“Un uomo tranquillo”: il maschio è Alfa (Liam Neeson) ma il film non mostra i muscoli

“Un uomo tranquillo”: il maschio è Alfa (Liam Neeson) ma il film non mostra i muscoli

di Boris Sollazzo
Questa sarà una stroncatura, ma piena d’ammirazione, sia chiaro. Perché se un attore diventa genere cinematografico - nell’action succede spesso: Willis, Schwarzenegger, Van Damme, Stallone, e in tempi più recenti da Statham a Diesel - ha vinto lui. Non c’è critica che tenga, se il suo viso diventa iconico per una fetta di pubblico iperfidelizzata, ha ragione lui. E così noi dobbiamo inchinarci a Liam Neeson, carriera poliedrica che ha costruito con rigore nel cinema d’autore e con professionalità in quello più popolare, per diventare, quando noi altri anneghiamo nella crisi di mezz’età, il nostro Rambo della porta accanto. E sì, perché la sua fortuna finanziaria attuale il nostro l’ha costruita sull’immagine dell’impiegato modello - in questo caso un autista di spazzaneve persino premiato dall’amministrazione cittadina per la sua rettitudine e la sua abilità - che si scopre macchina per uccidere appena gli toccano un affetto, in particolare gli eredi. Si partì con Taken, in cui sequestrarono la sua pargola e lui a forza di “io vi cercherò, vi troverò e vi ucciderò” decise di non far prigionieri, si arriva ora a questo remake americano dell’ottimo In ordine di sparizione, norvegese, Un uomo tranquillo appunto. Stesso regista, Hans Petter Moland, ma ricambiato su un sistema binario picchiaduro. 

Tutti film amatissimi e di fattura decisamente mediocre, ma poco importa: perché Neeson incarna il mito salviniano dell’uomo che si è fatto da solo e che vuole farsi giustizia altrettanto da solo, quello (stereo)tipo che tutti, di fronte a un dolore o un’ingiustizia abbiamo sognato di essere. Certo, lui arriva a un paradossale parossismo: in questo caso massacra un cartello di spacciatori, perché per lui vendetta è sempre sinonimo di strage. Con muscolare ironia il suo personaggio si chiama Coxman (Cock man, capito sì?), maschio alfa dormiente che assomiglia tanto al Cavaliere Nero di Gigi Proietti, quello che se je rompi er ca… sono guai. Qui la vittima da vendicare è un figlio morto d’overdose, la sceneggiatura è persino più credibile e curata di altri film simili, ma il risultato è sempre lo stesso: testosterone a mille, cinema vicino allo zero virgola. Ma alla fine, chissenefrega.
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 27 Febbraio 2019, 07:50
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