Toronto International Film Festival, pioggia di star dove il cinema abbraccia i fan

Toronto International Film Festival, pioggia di star dove il cinema abbraccia i fan

di Alessandra De Tommasi
Non ha l’allure della Croisette né il fascino d’altri tempi della Laguna, ma il Toronto International Film Festival, che si conclude il 16 settembre, si rivela ancora una volta una delle vetrine cinematografiche più ricco di star.

In Canada non si viene per “darsi un tono”, ma per rimboccarsi le maniche. L’atmosfera è informale e il sorriso stampato sul volto dei volontari – di ogni età ed estrazione sociale – che anche sotto il diluvio torrenziale indossano con fierezza la divisa arancione. È talmente ben organizzato che le indicazioni, sotto forma di frecce colorate, sono direttamente stampate sul marciapiede, un dettaglio degno di fantascienza per gli eventi tricolori a cui siamo abituati.

Ecco perché persino Julia Roberts si scioglie davanti ad un fan che è volato appositamente dall’Indonesia per vederla dal vivo. Va a pescarlo tra il pubblico, se lo abbraccia, se lo bacia e s’immortala con lui in una foto ricordo che rimarrà negli annali della kermesse. La diva di Pretty Woman ha in ballo due progetti, la serie tv Homecoming (prossimamente su Amazon Prime Video) e il film Ben is back, ma qui si spende con il pubblico come forse non accade in nessun altro contesto al mondo.

Persino Lady Gaga – alla premiere di A star is born – scoppia a piangere: quando si sente definire sul palco come “un essere umano incredibile” non trattiene i singhiozzi e fa spallucce a Bradley Cooper, che ha debuttato alla regia con questo remake.

Di “strane coppie” se ne vedono tante in giro: dalle trasgressive Cara Delevingne e Ashley Benson agli affiatati Javier Bardem e Penelope Cruz. E poi c’è chi come Robert Pattinson ancora è in una fase on-off con la nuova fiamma Suki Waterhouse.

La notizia più dolorosa arriva da Robert Redford che annuncia l’addio alle scene, almeno come attore, proprio a Toronto con The old man and the gun. Un momento storico da non lasciarsi scappare.

Il meno accessibile sembra Jake Gyllenhaal, sul red carpet per il western The Sisters Brothers: come dargli torto? Lo scorso anno ha percorso il globo in lungo e in largo alla ricerca dell’Oscar per Stronger ma non l’ha neppure sfiorato. Stavolta, allora, si preserva. Al contrario della sorella Maggie, che presenta il toccante dramma targato Netflix The kindergarten teacher (in sala il 29 novembre): l’attrice sta per debuttare alla regia con l’adattamento di un romanzo di Elena Ferrante e non potrebbe essere più ansiosa di sbandierarlo ai quattro venti.

C’è chi fa incetta di ovazioni come Roma – vincitore del Leone d’oro a Venezia – e chi si becca critiche durissime, come Xavier Dolan e il suo The death and life of J. Donovan. Il nuovo progetto dell’enfant prodige della macchina da presa racconta di un attore televisivo di grande successo (Kit Harington de Il trono di spade) alle prese con un mancato coming out.

Altre pellicole sono a dir poco sorprendenti, come il road movie Green Book con Viggo Mortensen, scelto per aprire tra due settimane il Festival di Zurigo, e l’irriverente Jeremiah Terminator Leroy, magistralmente interpretato da Kristen Stewart nei panni dell’enigmatico “autore” di bestseller, altre semplicemente fuori dagli schemi. Un esempio? Il non-horror In fabric che mette in scena un vestito maledetto e riporta al cinema Gwendoline Christie, stella de Il trono di spade ma anche di saghe iconiche tra cui Star Wars e Hunger Games.

La parola d’ordine dell’edizione 2018 è “diversità”: ogni minoranza, di genere o etnia, trova il suo spazio e fa sentire la propria voce, come sottolineano i Premio Oscar Steve McQueen (12 anni schiavo) con Widows e Barry Jenkins (Moonlight) con If beale street could talk.

C’è chi non le manda a dire come Michael Moore, che spera non lo blocchino al confine degli Stati Uniti dopo il documentario-denuncia anti-Trump Fahrenheit 11/9. E c’è chi ancora si aggrappa alla dignitosa speranza, come Dev Patel e il suo struggente Hotel Dubai.

Di capricci se ne vedono pochi: David Cronenberg gironzola per le sale Hilary Swank si racconta come mai prima d’ora mettendo in scena la malattia familiare – che l’ha tenuta per tre anni lontana dalle scene – nel film What they had.

Gli incontri non hanno transenne né bodyguard della stazza di un armadio a due ante, anzi si svolgono su salotti dal sapore un po’ retro ma decisamente familiare. Nessuno al TIFF si sente mai un estraneo perché l’inclusione qui è davvero di casa, niente a che vedere insomma con gli slogan beffardi delle spillette regalate a Cannes dall’organizzazione. Chapeau!
Ultimo aggiornamento: Sabato 15 Settembre 2018, 14:05
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