Fabrizio De Andrè, 20 anni senza. Francesco Baccini: «Faber, gli ultimi e quelle notti a confidarci le paure»
di Francesco Baccini
Vent'anni senza De André. Dori Ghezzi: «Ingorgo di ricordi»
Lo conobbi poi una seconda volta quando me lo trovai di fronte! Venne a sorpresa allo showcase del mio primo album Cartoons. Non credevo ai miei occhi: uno dei miti della mia adolescenza era lì ad ascoltarmi e diventammo amici. Non capita spesso nella vita che il mito della tua gioventù diventi un amico.
Ci legava la nostra genovesità, entrambi emigranti da 100 km come diceva lui, il nostro modo disincantato di vedere il mondo e un'altra cosa che mi confessò tempo dopo: la mia somiglianza con Tenco. Ogni tanto nelle nostre nottate a raccontarci la vita gli capitava di chiamarmi Luigi Scusa, belìn, ma fumate addirittura nello stesso modo diceva ridendo.
Il ricordo più bello: il giorno che incidemmo insieme Genova blues.
Quello più triste: l'ultima telefonata qualche giorno prima di essere ricoverato, era preoccupato per uno strano mal di schiena e per la cancellazione di un paio di concerti per scarsa prevendita di biglietti. Aveva la percezione che il pubblico lo stesse abbandonando.
La cosa che mi manca di più di Fabrizio? Non poter prendere il telefono e farci due risate commentando quello che è successo in Italia in questi ultimi 20 anni.
Ultimo aggiornamento: Venerdì 11 Gennaio 2019, 09:03
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