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Da parte sua, Ciambetti si era detto preoccupato per «l'incremento dei casi di Tbc e la diffusione di questa malattia gravissima tra immigrati ed extracomunitari», con i casi passati da 16 del 2015 ai 40 di quest'anno. Il presidente della Simm, Maurizio Marceca, dell'Università La Sapienza di Roma, invita invece a non creare allarmismi: «Non abbiamo in Italia alcun allarme tubercolosi legato agli immigrati. Bisogna trattare questo tipo di tematiche - ha commentato - con molto senso di responsabilità, perchè quando si parla di tbc si rischia di creare allarme, anche laddove un allarme non esiste. Intervenendo con affermazioni poco scientifiche - ha rilevato - si rischia di creare panico sociale». Inoltre, ha ricordato l'esperto, «abbiamo a disposizioni strumenti scientifici come le Linee guida dell'Istituto superiore di sanità per il controllo delle tubercolosi tra gli immigrati in Italia, pubblicate nel 2018, e abbiamo un Servizio sanitario nazionale capace». Dunque, ha avvertito, «la popolazione deve sapere che non c'è allarme e che abbiamo tutti gli strumenti per governare il fenomeno». Anche secondo il direttore del dipartimento Malattie Infettive del Policlinico Gemelli di Roma, Roberto Cauda, «non assistiamo in questo momento ad un aumento dei casi, almeno in Italia».
La Tbc però, ha rilevato, «si manifesta anche a distanza di anni dal momento in cui una persona viene infettata, quindi il problema è estremamente complesso.
Non può essere attribuito ad un unico fattore». La tubercolosi è infatti una malattia contagiosa che si trasmette per via aerea mediante un batterio, il Mycobacterium tuberculosis. Il contagio può avvenire per trasmissione da un individuo malato, tramite saliva, starnuto o colpo di tosse. Quanto alla sua diffusione, in Italia nel 2016 risultano notificati 4.032 casi, con un tasso stimato di 6,6 per 100.000 abitanti, in calo rispetto agli ultimi dieci anni (8,1 per 100.000 nel 2006). I dati del Ministero della Salute indicano inoltre che, a partire dal 2009, la percentuale di nuovi casi di Tubercolosi riferiti ai cittadini nati all'estero ha superato quella dei nati in Italia, passando dal 47% nel 2006 al 56% nel 2016. Se, tuttavia, «tali casi vengono messi in relazione con l'aumento della popolazione straniera in Italia, che negli ultimi dieci anni è più che raddoppiata - rilevano le Linee guida - allora risulta una diminuzione dell'occorrenza di Tbc, con frequenze più che dimezzate: da 84,1 casi per 100.000 stranieri residenti nel 2006 a 44,5 per 100.000 nel 2016. Questo dato conferma dunque che il rischio di malattia è in calo anche in questo gruppo di popolazione».
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 Settembre 2018, 18:54
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