La donna, che aveva problemi di fertilità, era stata costretta dal marito a recarsi da “Mamma Ebe”, interrompendo da un lato le proprie cure di medicina tradizionale, e dall’altro ad intraprendere delle cure della santona, consistenti nell’applicazione sul ventre di una pomata con la quale la donna avrebbe risolto i suoi problemi di infertilità. Al termine delle attività d’indagine, “Mamma Ebe” è stata denunciata per il reato di esercizio abusivo della professione e l’ex marito della donna per il reato di maltrattamenti.
La storia di Mamma Ebe. L'11 giugno 2010 viene di nuovo arrestata, insieme al marito e ad un collaboratore con l'accusa di associazione a delinquere finalizzata all'esercizio abusivo della professione medica e alla truffa aggravata; notificati anche altri 14 provvedimenti cautelari a carico di adepti e collaboratori della donna. Infine, il 16 marzo 2016, la Corte di Cassazione conferma la sentenza definitiva alla pena di 6 anni di reclusione.
Le accuse. Mamma Ebe fu a più riprese posta sotto accusa dal 1980 al 1994: i suoi reati andavano dall'estorsione a poveri anziani malati con la promessa di una guarigione, alla persuasiva suggestione psicologica dei seguaci, spesso donne. La sua vita ispirò, al regista Carlo Lizzani, il film omonimo, che venne poi presentato alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1985. Nel film di Lizzani, Mamma Ebe era interpretata da Berta D. Dominguez.
Le inchieste. Molte le inchieste in varie parti d'Italia su di lei, che si era fatta la fama di santona e guaritrice, e il finto ordine religioso da lei stessa fondato. La sua fondazione non fu mai riconosciuta dalla Chiesa. Negli anni ottanta operò nella zona di San Baronto, poi Borgo d'Ale in provincia di Vercelli e quindi Roma e Carpineta. Nella casa gestita dalla organizzazione (in Piemonte, Toscana ed Emilia Romagna) si sarebbero consumati gravi abusi fisici e psichici, sotto forma di trattamenti medici e riti religiosi sui malati, ai quali sarebbe stato estorto denaro in cambio della promessa di guarigione.
La prima volta. Denunciata la prima volta nel 1980 per sequestro del genitore di una ragazza che era entrata nel suo ordine, viene processata e condannata nel 1984, a Vercelli, per fatti avvenuti in una casa di riposo.
A processo con lei andarono, tra gli altri, l'ex marito della donna, un parroco, un frate francescano e molti dei collaboratori nella gestione delle case. La condanna in primo grado a dieci anni e due mesi sarà poi ridotta a 6 anni in appello e resa definitiva dalla Cassazione nell'86. Riarrestata nel 2002 a Cesena e poi nel 2004. Condannata in primo grado a 7 anni dal tribunale di Forlì, in Toscana rinvio a giudizio il 2 ottobre 2009.
Ultimo aggiornamento: Martedì 20 Giugno 2017, 10:43
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