Ottavia Tracagni, la giovane designer in mostra a Testaccio: «Racconto la semplicità, è la mia scommessa»

Ottavia Tracagni, la giovane designer in mostra a Testaccio: «Racconto la semplicità, è la mia scommessa»

di Simone Pierini
«Mi piace l’idea di dare una chance a qualunque cosa mi circondi di avere un suo racconto, una personalità. Ovunque mi giro penso a cosa potrebbe dire un semaforo ad un altro semaforo, una scarpa ad un tapis roulant e così via». Ottavia Tracagni, 26 anni, inaugura sabato 6 (dalle 14-30 alle 22,30) e domenica 7 ottobre (dalle 10,30 alle 20,30) la sua prima mostra: “Ottavia Tracagni - 88 opere in Mostra Personal Exhibition”. Due giorni di esposizione a la Città dell’Altra Economia (Largo Dino Frisullo) a Testaccio, nel cuore pulsante di Roma.



88 opere per un susseguirsi di immagini al confine tra la pubblicità, la composizione grafica, la vignetta e l'illustrazione minimale. Quattro macro categorie: #Serie #Singole #Donnine e #SoliteScuse. Storie di oggetti parlanti, di sagome che si intrecciano e di prospettive ribaltate. 88 opere all’insegna dell'essenzialità massima: «sono soddisfatta solo quando riesco a levare tutto quello che non serve a quello che deve arrivare all’osservatore».
 
 

Ma da dove nasce l’arte di Ottavia Tracagni? «Sono la designer di Studioplace e Digital Yuppies. Quando non ci sono clienti e scadenze invece disegno, ne escono fuori illustrazioni, collage, vignette. Ho sempre avuto la necessità di trovare un canale di comunicazione che non dipendesse dal momento o dalle parole. A volte invece è solo l'esigenza di fermare i pensieri. Ho una pessima memoria, saltuari lampi di genio che poi si rivelano essere solo associazioni strampalate, disegnarle è la maniera per me più efficace di appuntarmele, una specie di passaggio più ragionato del mio blocco note, che invece è tutt'altro che minimale».
 

Le sue illustrazioni sono essenziali, espressive, semplici quanto di impatto. «Vorrei una mostra da cui esci e sei un po' più felice - dice rivolgendosi al suo “primo pubblico” - è arrivata l'ora di non tenere solo per me e per chi mi conosce pile di racconti illustrati che ho accumulato nel tempo. Poi l’ho promesso, su uno scalino del macché alla terza birra, a Trastevere, ad un grande amico, uno di quelli che ti fanno credere in te. Questa mostra per me è un po' una scommessa».



Il talento di questa giovane designer con gli occhi che vedono ancora emozioni tra le persone, le cose e gli ambienti che la circondano nasce dalla passione per il disegno, quello che tutti abbiamo fatto da bambini a scuola, e «dall'ammirazione per mio padre, che ha un talento indescrivibile nel disegnare». La semplicità, nel tratto, nel colore. Nel bianco, nelle dimensioni. Semplicità, come in quella O così grande. Lei sembra essere proprio lì dentro, che guarda fuori, che sorride vedendo il mondo che si muove intorno. Da lì osserva, scruta curiosa ciò che avviene. E lo porta lì, nel suo cerchio. «Vorrei raccontare la semplicità, ricordare la possibilità di trovare prospettive diverse nelle cose più semplici o assurde. Che la stampa è ancora bellissima e che una mostra può essere anche divertimento».
 
Come nelle vignette delle “Solite scuse”, che lei stessa ammette di aver utilizzato qualche volta: «è capitato a tutti di essere mollati o imbambolati con una solita scusa. Non sono nate da una delusione d'amore, anzi, mi sento un po' in colpa a dirlo, ma la carnefice tante volte sono stata io. Quando stai bene con qualcuno, orari, impegni e difficoltà non ci stanno. Quando invece non va ecco che escono ritardi, cellulari scarichi, cene di famiglia, solite scuse che ti impediscono di impegnarti».
 
Le “donnine” invece sono un progetto nato qualche anno prima, nel 2013. «Ho cominciato a disegnare ossessivamente questo personaggio femminile. Era sempre per conto suo anche quando stava tra le persone. Non avendo quelle capacità tecniche anatomiche da Accademia, avevo cominciato a portarmi un quadernino e riprendere i movimenti di donne che vedevo in giro ma soprattutto, davanti a video di coreografie, di balletti e ballerine. Allora alla centesima donnina, cominciavano a sparire i dettagli, quello inutili, a rimanere  solo il movimento. Oggi sono 32, insieme compongono una specie di danza, un inno all'intimità, quella che si raggiunge solo quando si è capaci di sentirsi belle anche quando si sta da sole».
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Love Line #4 By #ottaviatracgraphics •••••••••••••••••••••••

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Ultimo aggiornamento: Venerdì 5 Ottobre 2018, 16:27
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