Pamela, oltre 400 contatti tra i nigeriani indagati: "Parlavamo di scommesse". Il pm: rituali e mafia non c'entrano

Pamela, oltre 400 contatti tra i nigeriani indagati: "Parlavamo di scommesse". Il pm: rituali e mafia non c'entrano
Oltre 400 contatti, tra messaggi e telefonate, sono intercorsi in due mesi tra i nigeriani indagati per la morte di Pamela Mastropietro, la ragazza 18enne uccisa, fatta a pezzi e ritrovata in due trolley nel maceratese. Le indagini, afferma il procuratore Giovanni Giorgio, «sono tutt'altro che concluse»: tra Innocent Oseghale e Desmond Lucky, soltanto il 30 gennaio (giorno del ritrovamento del cadavere) sono avvenute ben 17 chiamate. «Non ho ucciso Pamela, non l'ho neanche mai conosciuta», ha detto Desmond, accusato di omicidio volontario in concorso, vilipendio e occultamento di cadavere così come l'altro fermato, Awelima Lucky, che si è però avvalso della facoltà di non rispondere.

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PM: NO MAFIA NIGERIANA O ASSENZA PARTI DEL CORPO «È destituita di ogni fondamento la notizia relativa all'assenza di significative parti del corpo di Pamela Mastropietro, che sono state nella stragrande maggioranza recuperate e ricomposte in occasione degli accertamenti medico-legali eseguiti dal prof. Mariano Cingolani». Lo precisa in una nota il procuratore della Repubblica di macerata Giovanni Giorgio.

Al momento - aggiunge - sono «da escludere assolutamente» l'ipotesi di «antropofagia» e di «riti voo-doo connessi al decesso». La 18enne romana, «a dire del consulente medico-legale prof. Cingolani - continua il procuratore - è stata ragionevolmente uccisa a seguito di azione criminale dolosa». E «non risultano, al momento, interferenze di organizzazioni criminali extracomunitarie nella vicenda criminosa».

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RESTANO IN CARCERE Non ci sono ancora perizie depositate, solo le relazioni preliminari sull'autopsia e sull'esame dei telefoni e celle telefoniche, oltre a testimonianze. Ma il materiale sinora raccolto dalla Procura di Macerata è stato più che sufficiente al gip Giovanni Maria Manzoni per convalidare oggi i fermi di Desmond Lucky, 22 anni, e di Lucky Awelima, 27, i nigeriani entrati nell'inchiesta per la morte di Pamela Mastropietro dopo Innocent Oseghale, il primo fermato, e per decidere che i due debbono restare nel carcere di Montacuto ad Ancona, confermando i reati del capo di incolpazione: omicidio, vilipendio, soppressione, distruzione e occultamento di cadavere, più spaccio di droga, con un dispositivo approfondito e articolato.

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L'AUTOPSIA A fare la differenza - rispetto al caso di Oseghale per cui lo stesso gip non aveva ravvisato elementi sufficienti per l'ipotesi di omicidio -, i primi risultati del secondo esame autoptico, effettuato da un pool medico-legale guidato da Mariano Cingolani. «Un grosso faldone» secondo chi l'ha visto, che contiene una prima disamina 'de visu' del corpo di Pamela, ritrovato a pezzi in due trolley abbandonati nelle campagne di Pollenza il 31 gennaio scorso. La ragazza ha due ferite da coltello al fegato inferte quando era viva e una lesione ad una tempia. Troppo poco per dire che si tratta di ferite mortali (sarà la perizia a dare una conclusione definitiva), ma abbastanza al momento per inquadrare il decesso della ragazza in uno scenario di morte violenta. Il corpo è stato sezionato con perizia, sottoposto a mutilazioni specifiche e lavato con candeggina: il tutto allo scopo di far sparire ogni traccia di contatto fisico.

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PERIZIE SUI TELEFONI A carico dei due nigeriani anche i primi risultati delle perizie sui telefoni degli indagati affidate all'esperto informatico Luca Russo. Risultati che, in base agli agganci delle celle telefoniche e alle telefonate o sms, collocano Oseghale, Lucky e Awelima insieme nello stesso lasso di tempo (il pomeriggio del 30 gennaio) e nella stessa area, quella dell'appartamento di via Spalato dove la ragazza aveva seguito Oseghale dopo avere acquistato una dose di eroina da Lucky e dove è morta.

TELEFONATE SU SCOMMESSE Ieri ha risposto alle domande Desmond Lucky, assistito dall'avv. Gianfranco Borgani, negando su tutta la linea: lui non conosceva Pamela e non le ha ceduto la droga. Le telefonate con Oseghale? Contatti sulle puntate all'Eurobet. Ma ha raccontato di averle giocate in una sala scommesse lontana da via Spalato, mentre il suo cellulare narra un'altra storia. Awelima, assistito dall'avv. Giuseppe Lupi, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Su di lui pesa il fatto di avere fatto perdere le proprie tracce e poi di essere stato bloccato venerdì scorso a Milano.



IL QUARTO NIGERIANO Sempre a una questione di telefoni è legato il quarto indagato, un altro nigeriano che a differenza degli altri «ha cooperato da subito con gli inquirenti rispondendo a tutte le domande» dice il suo legale. Ha ricevuto una telefonata o un sms da Oseghale che gli chiedeva aiuto perché Pamela si sentiva male.
Ma non è andato nell'appartamento. Le risposte verranno dalla perizia telefonica definitiva e dagli esiti degli accertamenti scientifici dei Ris, completati ieri, con rilievi palmari, plantari e accertamenti biologici da incrociare con le tracce individuate nell'appartamento. Tanti tasselli, insomma, che cominciano a formare il quadro accusatorio.

Ultimo aggiornamento: Giovedì 15 Febbraio 2018, 13:43
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