Manovra, Tria: «Nessuna correzione, parlerò con Ue»

Manovra, Tria: «Nessuna correzione, parlerò con Ue»
Punta all'obiettivo massimo, Giuseppe Conte: evitare che l'Ue avvii una procedura d'infrazione nei confronti dell'Italia per la sua manovra. Al presidente della commissione Jean Claude Juncker chiederà un incontro non - spiega - per ridurre il danno, né per promettere modifiche che «non sono all'orizzonte» ma per evitare quel «processo» che Paesi come Austria e Olanda invocano e gli osservatori reputano inevitabili.



Il governo gialloverde, solcato al suo interno dalle opposte visioni di chi era pronto a correggere di più e chi invece ha alzato un muro, fa quadrato nei giorni che precedono il giudizio della commissione Ue, atteso per il 21. Luigi Di Maio sostiene che rispettare «tutte le regole» vorrebbe dire fare misure «lacrime e sangue», «massacrando ancora di più pensionati, disoccupati, imprese». Matteo Salvini risponde direttamente agli «amici», non solo gli austriaci, del fronte sovranista: «Non dite fesserie, lasciateci lavorare, fatevi gli affari vostri», dice in sequenza. Anche il ministro Giovanni Tria, che ha provato senza successo a convincere i vicepremier almeno ad abbassare le stime del Pil, difende come «credibile e solida», anche se «diversa dal passato», la legge di bilancio.

Sbaglia l'Europa, sostiene, ad affrontare «in modo conflittuale» un rallentamento della crescita che è di lungo periodo e - sottolinea - riguarda tutti i Paesi, inclusa la Germania, con «effetti che preoccupano». L'Ue è troppo «rigida» e «sembra incapace di adottare politiche di contrasto» alla frenata economica, denuncia il ministro. E nel giorno in cui Bankitalia registra un nuovo aumento del debito pubblico (di 4,7 miliardi rispetto ad agosto, pari a 2.331,3 miliardi), Tria torna a definire non «affidabili» gli indicatori dell'indebitamento netto strutturale, sulla base del quale l'Ue determina le sue regole.

Gioca dunque in difesa (della sua manovra e delle sue stime), il governo. A chi, ad Abu Dhabi dov'è stato per una visita lampo, gli chiede se punti a ridurre il danno, Conte replica che vuole piuttosto convincere Juncker a non avviare la procedura d'infrazione: lo sentirà «a inizio settimana» per fissare un faccia a faccia. Ma la procedura appare lo scenario più probabile: lunedì l'Eurogruppo potrebbe trasformarsi in un nuovo 'processò all'Italia e anche al Parlamento europeo per la prima volta si starebbe ipotizzando un dibattito sulla manovra gialloverde. Roma, si «rammarica» il francese Bruno Le Maire, non ha colto «la mano tesa» di Bruxelles ma può ancora dar «prova di responsabilità».

Certo, la diplomazia del governo si è messa in moto per evitare quantomeno la procedura d'infrazione sul debito, che potrebbe portare sanzioni e un piano di riduzione - quello sì - 'lacrime e sanguè nei prossimi anni. Meno dolorosa sarebbe una procedura sul deficit. Ma per ora Conte non concede molto ai commissari europei. «La manovra è quella», dice tranchant. Sostiene che «importanti correzioni» sono già state fatte e aggiunge che «qualche ulteriore intervento» si potrà fare ma solo «per tutelare gli interessi dell'Italia». Sì a un dialogo «franco», ma «i saldi non cambiano».

Di Maio e Salvini continuano a buttarla in politica, puntando sull'effetto 'populistà delle prossime elezioni europee. Il leader M5s si stupisce della linea dura scelta dall'austriaco Sebastian Kurz, classe 1986, che dovrebbe rappresentare una nuova generazione anti-austerità. Ma alle europee di maggio bisogna arrivarci. E lo spread italiano continua a ballare, chiudendo in rialzo a 313 punti base (un nuovo tweet del leghista Claudio Borghi, interpretato in chiave Italexit prima di una smentita dell'interessato, avrebbe contribuito a far aumentare il differenziale).

Il percorso della manovra, poi, è ancora accidentato.
E non solo per la solita valanga di emendamenti (3500 in commissione alla Camera) ma anche perché ci sono aspetti importanti da definire. In serata a Palazzo Chigi si tiene un nuovo vertice di governo sul decreto fiscale. Ma altri nodi sono da sciogliere: Conte e Di Maio, ad esempio, affermano che le privatizzazioni non saranno su «asset strategici», Salvini apre alla vendita di quote di aziende «non decisive» e c'è chi, come Borghi, dice no a tutto.

Ultimo aggiornamento: Giovedì 15 Novembre 2018, 22:36
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