Michelangelo Citino, lo chef: «Tanta passione, gavetta e quella cena per Sinatra»

Michelangelo Citino, lo chef: «Tanta passione, gavetta e quella cena per Sinatra»

di Rita Vecchio
Passione e gavetta, le parole chiave. Per Michelangelo Citino, executive chef dell'omonimo ristorante a Milano Linate e a Roma Fiumicino, responsabile dell'azienda My Chef e dello sviluppo di nuovi format.
La prima volta che ha cucinato?
«Fu per Frank Sinatra. Avevo risposto a una richiesta di lavoro sulla bacheca interna della scuola alberghiera che frequentavo. Era una società di catering, il Savini, quello in Galleria di Milano per intenderci. Qui ho imparato la precisione e l'importanza della pulizia in cucina. Sveglia alle 3.30 per essere in cucina poco dopo. In quei giorni tutta l'attenzione era per il concerto al Forum di Assago, l'ultimo in Italia di Sinatra».
Lei che compito aveva?
«Di aggiungere la polvere di coriandolo a ogni piatto dell'antipasto: un carpaccio di salmone aromatizzato con coriandolo secco. Un totale di seicento piatti».
Non si stufò?
«Fu amore a prima vista. Nonostante i due giorni trascorsi a schiena china, come se mi fosse passato un camion sulle spalle».
Lei lavorò anche per Gualtiero Marchesi.
«Un grande maestro che ha rivoluzionato la cucina. Mi ricordo la prima volta che lo vidi: guardò tutte le portate che stavo impiattando e mi disse: complimenti, hai una mano da chirurgo!. Ma devo dire che imparare a fare la foglia perfetta per il suo famoso Raviolo Aperto non è stato per niente facile. C'erano giorni che sfogliavo tre, quattro mazzi di prezzemolo, prima di trovare venti foglie che potessero andare bene».
Cosa pensa della cucina in tv?
«Fa bene se non si è troppo sovraesposti. Sia che si tratti di tv che di internet. Stare in cucina non è facile, e farlo sembrare facile rischia di passare informazioni sbagliate».
Lei, però, ha fatto tv.
«Cotto e Mangiato su Italia 1 e sarò con Davide Oldani su Rai 1 nel nuovo programma che parte domani Alle origini della bontà. Davide lo conoscevo di fama prima di stare in cucina con lui. È uno chef con la C maiuscola, lo guardavo e lo guardo con ammirazione. E ha una bravura a tenere insieme la squadra come pochi».
Una lunga gavetta?
«Sì. E contento di averla fatta. Non si può pretendere di essere capo partita senza iniziare dal basso. Quando ho cominciato a dirigere MyChef, mi proposero di chiamare il ristorante con il mio nome: per me, grande orgoglio».
Cosa dice a chi vuole iniziare?
«Di sentire la passione e di non mollare mai. Passione significa lavorare ore e non sentire la stanchezza».

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Ultimo aggiornamento: Giovedì 14 Febbraio 2019, 18:17
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