C'è anche un tedesco che tifa Italia. Si chiama Eike Schmidt, e come dichiara

C'è anche un tedesco che tifa Italia. Si chiama Eike Schmidt, e come dichiara onestamente il cognome è un signore sommamente tedesco che di mestiere fa il direttore degli Uffizi di Firenze, il più visitato museo tricolore, e per diletto l'innamorato del BelPaese. «E proprio per questo - spiega - sabato tiferò con tutto il cuore per l'Italia, voi siete arte pura anche nel calcio». Nella partita infinita che si gioca sul campo di pallone tra Italia e Germania e va avanti da una vita anche altrove, musica, letteratura, cinema, diritto (per non parlare della Merkel e dei suoi derby con vari premier italiani), questa non si era ancora vista. Questo colto quasi 50enne di Friburgo, sposato, è giusto dirlo, con un'italiana, va controcorrente e spinge con passione per gli "altri". Ma perché? «Il matrimonio non c'entra, tra l'altro mia moglie tifa Germania. Semplicemente ho vissuto in Italia negli anni Novanta e ho imparato ad ammirare la sua cultura, la sua arte, voi come popolo: e poi anche il calcio. Quello che si evidenzia qui nel pallone, e anche nella vita, è la flessibilità: specie nei momenti in cui si va sotto pressione, una situazione frequente nel calcio, gli italiani riescono a mettersi insieme con forza e lavorano tutti insieme. Hanno il grande talento di essere flessibili e adattarsi, lo si è visto anche in questo Europeo. Sabato spero di vedere una bella partita, piena di energia come molti altri incontri tra l'Italia e la Germania: sarò a Londra, in terreno neutro visto che la Gran Bretagna è appena uscita dall'Unione, con colleghi di entrambi i Paesi, unico tedesco a tifare Italia. E se vince magari prendiamo qualche iniziativa particolare agli Uffizi».
Si emoziona, Schmidt, nel raccontare quella convincente metafora di vita che è il calcio. L'Italia da sempre viene tacciata dai tedeschi di opportunismo calcistico, quasi di meschinità di gioco. «Sciocchezze, le regalerò una similitudine artistica: è come ai tempi del Rinascimento quando i tedeschi facevano il realismo nel piccolo ma si dimenticavano del grande quadro d'insieme, dell'invenzione, mentre gli artisti italiani guardavano il grande sistema senza dare importanza ai particolari. Il grande critico Roberto Longhi biasimava proprio la maniera alla tedesca, alla fiamminga, di cercare di rappresentare la realtà con troppi particolari e in modo freddo, senza grande emozione. Ecco, all'Italia anche nel calcio è rimasto il gusto geniale dell'invenzione, che non deve essere necessariamente tecnica».
Ultimo aggiornamento: Giovedì 30 Giugno 2016, 05:01