La crisi europea/ La Ue non può permettersi furbizie e tatticismi


di Giulio Sapelli
Manca chiarezza. Di nuovo. Nonostante il trauma della Brexit, nonostante le buone intenzioni dichiarate a poche ore dal voto, nonostante la richiesta corale di una Europa più trasparente, più vicina ai temi della crescita, più sociale, più sensibile alle istanze che partono dal basso, c’è di nuovo chi semina confusione sfumando pericolosamente gli obiettivi dati. E di nuovo protagonista è la Germania, che a poche ore dal voto inglese ha cominciato a temporeggiare sulle procedure da attivare per favorire un’uscita rapida della Gran Bretagna dall’Europa.
L’uscita senza esitazioni è infatti indispensabile onde rendere il distacco meno doloroso per tutti, offrendo certezze ai mercati e infondendo sicurezza ai cittadini su questioni cruciali come la lotta al terrorismo, l’immigrazione e gli scambi commerciali che, Brexit o non Brexit, dovranno pur continuare a fluire tra il Regno Unito e gli altri Stati europei.
 
Sono questioni cruciali, che debbono essere affrontate il più rapidamente possibile e nella massima trasparenza per non alimentare la sensazione di instabilità che già ha cominciato a corrodere quel po’ di fiducia sulla crescita che tra le popolazioni dell’Eurozona si stava nuovamente radicando. Invece il gruppo dirigente tedesco pare artatamente diviso in un meschino gioco delle parti il cui fine resta oscuro, sebbene sia forte il sospetto che di nuovo si tratta di interessi nazionali molto precisi, legati ai traffici commerciali della Germania con la Gran Bretagna.
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Da un lato i falchi guidati dal ministro delle Finanze, Wolfgang Schauble, che prima del referendum hanno minacciato gli inglesi decretando che «chi si mette fuori, è fuori per sempre», in tal modo consolidando nei fautori della Brexit l’idea di un’Europa dura, arcigna e soprattutto germanodiretta; dall’altro lato i seguaci della politica morbida, ossia coloro che si mimetizzano dietro la cancelliera Angela Merkel che a sorpresa a cavallo del week end si è generosamente schierata con una classe politica britannica frastornata e divisa che tutto ha sbagliato, e che ora ha necessità vitale di prendere tempo per non essere travolta da un voto che si sa quel che cancella ma nessuno è in grado di dire a beneficio di chi e in quale misura. 

Né cambia la percezione di scarsa chiarezza l’invito, peraltro sin troppo educato e senza autentico nerbo politico, che la Merkel ha rivolto ieri agli inglesi («Per avviare i negoziati serve la richiesta ufficiale del Regno Unito. A settembre ci rivedremo per poter parlare delle misure concrete. Ma dovremo comunque procedere nel modo più rapido possibile per la procedura di uscita»), subito dopo il summit con Matteo Renzi e Francois Hollande.
Inevitabile la reazione ulteriormente negativa dei mercati, che hanno così bruciato altre decine di miliardi dopo il tonfo di venerdì scorso: la mancanza di obiettivi chiari ed espliciti, soprattutto di tempi netti, rende del resto più profonda l’incertezza aumentando il rischio di caos finanziario, che alla lunga può trasformarsi in panico per risparmiatori e investitori, creando in tal modo l’humus più adatto per le scorribande della speculazione più disinvolta. Per di più rischia di aprire la strada ad accordicchi che renderanno ancora più complicato il processo di maturazione dell’Europa, aumentando il danno che i cittadini europei sono costretti a subire a causa di questa ennesima grossolana commedia.

Il premier Renzi da ieri è ufficialmente nel direttorio dei paesi forti dell’Eurozona, cui un elettorato sempre più scontento e deluso chiede di riformare quanto è possibile onde rendere il Vecchio Continente un luogo capace di attrarre invece che respingere. E trasparenza e chiarezza devono essere posti a base di ogni nuovo patto di collaborazione. Non dimentichi pertanto di ricordare ai colleghi tedeschi, ora che siede al tavolo con loro non solo per chiedere maggiore flessibilità di bilancio o per lamentare una gestione della Vigilanza bancaria che penalizza soprattutto gli istituti italiani, che se l’Europa è entrata in questa fase particolarmente delicata per la sua sopravvivenza, è soprattutto a causa della loro miopia e dei loro assurdi rigorismi.
 
Ultimo aggiornamento: Martedì 28 Giugno 2016, 00:12
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